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Uk – Il popolo è sovrano

Il popolo sovrano ha deciso: la Gran Bretagna avrà un governo conservatore per i prossimi cinque anni. Fin qui i fatti ma quali conseguenze avrà questo voto? Possiamo già prevedere qualcosa.
Il partito laburista ha perso malamente. Ciò che deve far riflettere, tuttavia, non è tanto come abbia perso ma dove. La destra trionfa infatti nelle regioni povere, in aree storicamente di sinistra. Caso emblematico è la città di Wrexham, nel nord Galles, laburista dal 1935 ed oggi passata ai conservatori. Come membro del partito laburista mi sono attivata in campagna elettorale ed ho avuto il piacere e la fortuna di parlare con molte persone nello stato nel quale vivo, il Galles, in cui dal 1998 governa una assemblea a trazione Labour. Ebbene, i conservatori avanzano. In Galles, regione di ex-minatori, così come nel nord-est dell’Inghilterra. Stiamo parlando di aree che vivono prevalentemente di pubblico, dove le politiche della Tatcher hanno portato alla chiusura di miniere e fabbriche, logorando intere comunità. Perché i conservatori guadagnano consenso? Sarebbe facile, ma riduttivo, dare la colpa agli elettori. Sul tema Brexit Boris Johnson ha una posizione discutibile ma chiara: “Get the Brexit done” (facciamo la Brexit), ha un accordo con l’Unione Europea e promette di portare il paese fuori dall’Unione il 31 gennaio 2020. Sarà quel che sarà, dal primo febbraio potremo riorganizzarci e parlare di politica interna. Cosa propone di contro Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista? Fino ad un mese fa andava minimizzando il problema con una frase che suonava così: “Non importa che tu abbia votato per rimanere o uscire dall’Unione Europea, ascoltaci” e proponeva, in caso di vittoria, un’ennesima negoziazione per un ulteriore accordo, alternativo a quello ottenuto da Johnson. Avrei suggerito a Corbyn di non minimizzare mai le posizioni dell’elettorato ma vado oltre. Diverse sono state le reazioni: “Perché l’Unione dovrebbe spendere altro tempo per i negoziati quando un accordo è già sul tavolo?”. E ancora: “Basta parlare di Brexit, usciamo! Così i politici non avranno come scusa la Brexit per non parlare dei nostri problemi interni”. Io provo ora a mettermi nei panni delle persone che vivono in tempi di austerity e che cercano certezze. Possiamo essere d’accordo o meno ma gli elettori sono andati verso chi aveva una posizione certa. L’Europa è vista come qualcosa di lontano dalla vita comune e la sinistra britannica non si è mai impegnata a promuovere l’Unione fino in fondo. Anzi, sotto la guida di Corbyn, è stata ulteriormente declassata perché alla domanda su come farà un paese importatore come la Gran Bretagna a potersi permettere beni di prima necessità come verdure e farmaci, la risposta del leader è sempre stata la stessa: nazionalizziamo. Come? Tassando i ricchi avidi, senza pensare, a mio giudizio, che non siamo nella Russia del 1917 e che non possiamo sperare di diventare un paese socialista confiscando i beni ai ricchi. Eh si, perché le imprese si spostano e i soldi migrano insieme agli imprenditori. È risaputo anche che il socialismo in un solo paese non funziona, soprattutto per le fasce più deboli. Cuba docet. Corbyn, però, ha continuato imperterrito a rivendere le future possibili nazionalizzazioni attraverso la lotta ai ricchi, con il risultato che oggi, 13 dicembre 2019, è davanti gli occhi di tutti. La linea politica del partito sulla Brexit ha anche alienato la classe media che, mi ripeto, su questo tema voleva una risposta certa: Brexit si, Brexit no, quando e come. Dobbiamo riconoscere che su questo tema Bojo, come viene affettuosamente chiamato il primo ministro dai suoi detrattori, è stato chiaro, deciso e pragmatico. Ecco ciò che secondo me manca alla socialdemocrazia oggi: chiarezza e pragmatismo. Si cerca di accontentare tutti e si finisce, invece, ad ottenere l’effetto contrario con proposte pompose ma vuote. Discutiamo dei massimi sistemi senza tradurre le idee in azioni concrete. La radicalizzazione del partito laburista ha poi confermato che gli estremismi di sinistra, soprattutto in paesi fortemente capitalisti come la Gran Bretagna, non funzionano. Io sogno una sinistra al passo con i tempi, che sappia promuovere le aziende virtuose e distribuire le ricchezze pubbliche. Un modello Olivetti o Ferrero, per fare due esempi a noi familiari. Io sogno una sinistra che spieghi perché è importante aprirsi, conoscere, che dimostri quanto la libera circolazione delle persone sia un bene per l’umanità. Non ho sentito nulla di tutto ciò nelle parole di Corbyn post elezioni. Non voglio riproporre il modello Blair, auspico invece qualcosa di nuovo.
Corbyn dice che la Brexit ha oscurato le altre proposte Labour ed individua in questo le ragioni della disfatta. Non sono d’accordo. I piani di nazionalizzazione e le troppe proposte di interventi statali hanno creato paura in coloro che non vogliono assistere alla crescita del debito pubblico. Molti cittadini con amici, partner o commerci con Europei hanno sofferto il silenzio sulla sorte dei propri cari o dei propri commerci nel Regno Unito. L’incertezza e le risposte non date non hanno convinto l’elettorato.
Posso dire con certezza che Boris Johnson non investirà nel pubblico e che le aree povere ora sotto guida Tory soffriranno dei tagli alla spesa pubblica. È lì che la sinistra dovrà vigilare e riuscire a parlare nuovamente agli elettori. Dobbiamo riorganizzarci. Ora.
Rimangono poi due nodi da sciogliere: che fine farà il confine tra la Repubblica di Irlanda ed Irlanda del Nord e come si evolverà la situazione in Scozia, dove lo Scottish National Party, il partito pro indipendenza, ha fatto incetta di voti. La leader del partito e primo ministro, Nicola Sturgeon, ha sempre premuto per la scissione dal Regno Unito, anche in virtù del fatto che la Scozia votò per rimanere nella Unione Europea. Insomma, si prospetta un futuro complicato per il Regno Unito. Che Dio salvi tutti, non solo la Regina!

 

Valentina Flamini

Segretaria PD Uk

 

 

 

Photo credit: Stefan Rousseau / IPA / Fotogramma