La velocità del Governo Renzi e della sua narrazione non ha precedenti in Italia, e forse per questo le elezioni del 2013 e la coalizione Italia Bene Comune sembrano cosi’ lontane nel tempo che quasi le abbiamo dimenticate.
Pero’ Bersani non dice qualcosa di infondato, in vero, quando ricorda a Renzi che l’attuale Governo si regge sui voti parlamentari usciti dalle elezioni del 2013. Più qualche altro appoggio sopravvenuto e necessario.
E’ infatti con l’allora segretario Bersani che il PSI di Riccardo Nencini aveva stretto un’alleanza elettorale, assieme a SEL di Nichi Vendola, per fronteggiare la destra e l’arrembante Grillo.
Sappiamo come finì, il PD di Bersani non vinse e non convinse, Grillo fece un’exploit mai visto prima nella Seconda Repubblica, ma neanche nella prima in vero, e Berlusconi poté dire di non aver poi perso cosi’ malamente.
Un pareggio che mise di nuovo tutto nelle mani del Presidente della Repubblica che, soprattutto spaventato dalla crescita improvvisa del movimento antisistema di Grillo, individuò in Letta il Premier di garanzia, sostenuto in modo bipartisan sulla scia delle Grande Coalizioni europee tese a fronteggiare il pericolo di partiti nati sulla rabbia e sull’emotività.
Il Partito Socialista Italiano non si tirò indietro e, con senso di responsabilità e facendo fede all’originario patto stretto con il PD, Italia Bene Comune, votò la fiducia al Governo Letta, seppur non partecipando al Governo.
Sappiamo poi che ci fu un avvicendamento alla Segreteria del PD con Renzi che, vincendo le primarie, sostituì il non perdente Bersani e, di li a poco, sostituì a Palazzo Chigi l’ancora fresco Premier Letta.
Il Partito Socialista Italiano individuò in Renzi la spinta riformista che costituisce il DNA del socialismo liberale italiano e votò senza dubbio alcuno la fiducia al Governo Renzi, di cui entrò a far parte con il suo Segretario Riccardo Nencini in qualità di Viceministro alle Infrastrutture, incarico ancora ricoperto.
Renzi ridusse le distanze tra PD e PSI quando decise di traghettare il PD nel PSE – Partito del Socialismo Europeo, filone ideologico politico socialista democratico incardinato nella storia d’Europa e nel Parlamento Europeo.
Volori come giustizia sociale, liberalismo, stato di diritto, diritti civili, crescita economica, stato sociale, meritocrazia costituiscono le fondamenta del socialismo europeo e li ritroviamo nella storia del socialismo italiano dapprima, da Turati a Rosselli a Matteotti da Nenni a Pertini e Craxi, e nel PD di Renzi oggi.
Un PD che ha trovato una sua identità italiana nella velocità e nel riformismo renziano ed una sua identità europea nell’adesione al PSE a Bruxelles.
Il supporto del PSI al Governo Renzi è fondato sulla condivisione dell’analisi della realtà italiana, bloccata da corporativismi, lentezze burocratiche e conflittualità endemica, e sulla proposizione di soluzioni pragmatiche ed ambiziose, all’altezza di un grande paese con una grande potenzialità.
A cosa serve il piccolo PSI accanto al grande e forte PD é la domanda che sorge spontanea.
La qualità del pensiero socialista italiano, riformista e liberale dai tempi di Nenni, è stata per anni il software della sinistra italiana divisa nei due assi della Guerra Fredda, ed ancora oggi può offrire idee e passione per affrontare e vincere, in Italia ed in Europa, la sfida riformista contro gli euroscettici, contro i conservatori, contro le forze antidemocratiche che rischiano di affossare la civiltà europea, lo stato di diritto europeo ed il progetto stesso di Europa.
La storia del socialismo italiano, parte importante della storia della sinistra italiana assieme al partito comunista italiano ed alla sinistra democratico cristiana, è una storia di oltre un secolo, ha promosso i progetti cooperativi di fine ‘800, le rivendicazioni elettorali di inizio ‘900, la lotta contro il fascismo, la nascita della Repubblica e della Democrazia del secondo dopoguerra, le rivendicazioni sindacali e lo Statuto dei Lavoratori, le riforme della sanità e della scuola pubblica, i diritti civili e le battaglie referendarie, le riforme pre-blairiane degli anni ’80, la condivisione dei valori di libertà della NATO nel corso della Guerra Fredda a sostegno dei popoli oppressi dell’Est europa, il progetto dell’Ulivo.
Una grande storia che ha rischiato di finire nel biennio del ’92 assieme alla tragedia giudiziario – istituzionale della fine della Prima Repubblica.
Il PSI non si è estinto e con fatica coraggio e passione ha ripreso il suo cammino di giustizia sociale e libertà, su gambe nuove, affianco al Partito Democratico per riportare l’Italia a standard di vita europei, per produrre posti di lavoro, per fermare l’emigrazione dei giovani laureati e non che scappano dall’Italia a cercare lavori all’estero, per regolamentare le relazioni industriali in modo giusto consentendo ai lavoratori di partecipare alle imprese presso cui lavorano con sistemi di cogestione (Mitbestimmung), per ridare dignità alle tante partite iva con l’acqua alla gola, per tornare a credere nella meritocrazia, nelle capacità degli italiani, nel sud del paese e nello Stato.
Leonardo Scimmi
Coordinatore PSI Europa