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Una boccata di ossigeno dalla vittoria di Lula

Di Pierantonio Rumignani, PD Berlino e Brandeburgo

È difficile sopravvalutare il valore della vittoria di Lula nelle elezioni presidenziali di ieri in Brasile. In una situazione radicalmente mutata rispetto a solo pochi anni fa ogni aiuto a sostegno della democrazia è un contributo di grande valore. Le novità con le quali stiamo combattendo sono l’aperta sfida alle istituzioni democratiche portata avanti da un numero crescente di persone in ogni parte del globo, l’affermarsi di governi che ricorrono apertamente a metodi autoritari al fine di sopprimere la volontà popolare e la sfacciata minaccia di conflitto armato da parte di chi pensa che tale opzione possa portare vantaggio a chi la persegue.

Dobbiamo festeggiare la vittoria di Lula tenendo peraltro presente alcuni punti che sottolineano quanto labile essa possa rivelarsi nel prossimo futuro se non viene accompagnata da successi nell’azione di governo:

  1. La vittoria su Bolsonaro di poco inferiore al 2% è assai risicata e sensibilmente inferiore alle previsioni fatte sei mesi orsono quando il vantaggio di Lula arrivava nei polls fino al 20%. Non solo, ma al primo turno Lula aveva incassato il 48% dei suffragi. Ciò indica che è riuscito ad aggregare un più che modesto 3% incrementale dei voti al secondo turno. Occorre ricordare qui che l’evoluzione dell’economia ha aiutato fortemente Bolsonaro negli ultimi mesi grazie a un aumento del PIL che ha raggiunto il 2,5% nell’ultimo trimestre e un inzio di riduzione dell’inflazione sotto il 10%.
  2. Lula ha costruito la sua vittoria creando una coalizione ampia, un vero e proprio campo largo comprendente anche politici dichiaratamente conservatori come Fernando Cardoso, il predecessore di Lula alla presidenza, e Geraldo Alkmin, suo avversario in precedenti elezioni e che votò a favore della messa sotto accusa di Dilma Rousseff. Tale scelta è in contrasto, ad esempio, con la strategia di un Gustavo Petro, vincitore delle recenti elezioni in Colombia, che ha concluso alleanze nello spettro radicale della sinistra come ad esempio con l’ambientalista di colore Fráncia Marquez.
    Un giudizio non è facile da dare poiché i meccanismi elettorali sono differenti nei diversi paesi – Colombia ha fra l’altro un passato di guerriglia. È tuttavia un fatto che i polls segnarono un dimezzamento al 10% circa del vantaggio di Lula su Bolsonaro nel maggio scorso al tempo dell’accordo elettorale con Alkmin. È anche un fatto che Lula, a seguito dell’accordo, aveva moderato fortemente la retorica sull’aborto (un terzo dei brasiliani è di fede evangelica e la loro maggioranza segue le orme dei compagni di fede degli USA) e sul comportamento della polizia.
  3. Non possiamo ancora dire come Bolsonaro reagirà e se opterà per una strategia trumpiana non riconoscendo la vittoria dell’avversario e resistendo con tutti i mezzi. La Giustizia, e in particolare la Corte Suprema non gli è tuttavia favorevole, diversamente che negli Stati Uniti. Il giudice De Moraes è intervenuto ad esempio ieri perentoriamente intimando ai corpi della polizia di sospendere ogni azione di impedimento al voto (si parla di 560 casi registrati). Il Presidente USA sarebbe inoltre intervenuto pesantemente nei giorni scorsi su Bolsonaro.
  4. Lula non è appoggiato dalla maggioranza dei parlamentari, organo legislativo federale (mentre il governo risponde direttamente al Presidente come negli USA). Qui le battaglie saranno accese, anche perché è stato recentemente introdotto un divieto del cambio di casacca per i parlamentari, un metodo sporco ma largamente seguito nel passato per aggiustare le maggioranze.
  5. I problemi economici e ambientali brasiliani sono enormi. A parte i gravissimi problemi collegati allo sfrenato utilizzo delle risorse naturali (nel periodo di governo della sinistra tra il 2002 e il 2014, l’indice di distruzione delle Amazonas era sceso dell‘83%) un’estrema sperequazione del reddito colpisce i più deboli. Ben 100 milioni su 215 milioni di abitanti vivono sotto la soglia della povertà e circa 33 milioni sotto quello della fame. Il fatto che Bolsonaro possa reclamare per sé un andamento positivo dell’economia renderà ancora più difficile il compito di Lula che sarà alla ricerca di misure rapide a favore dei meno abbienti, scuola e salute. Lula aveva saputo sconfiggere i detrattori durante il suo primo mandato grazie alla capacità di produrre benessere economico senza scivolare in un eccessivo interventismo statale troppo spesso abusato nei paesi sudamericani. Dovrà ripetere a 77 anni la sua performance.

Ma ancora più difficile sarà, come rivelano in primo luogo gli USA, riuscire a dominare e ridurre la violenza irrazionale della discussione politica. Nell’Esplanada a Brasilia la folla gridava ieri „Lula tu devi finire in carcere“. L’intervento seguente di un intervistato in un giornale è rivelatore su come sia la situazione: „La popolazione deve scendere in strada e domandare l’intervento militare così che non ci sia un passaggio di potere ai comunisti“.

Fonte immagine: ApNews https://www.rainews.it/resizegd/768x-/dl/img/2022/10/31/1667181327504_Lula_post_vittoria.jpg




Uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro dello sciovinismo

di Matteo Elis Landricina, PD Berlino e Brandeburgo

Si è fatto un gran parlare negli ultimi mesi dello stato di salute mentale, oltre che fisica, di Vladimir Putin. Esperti di varie discipline si sono lanciati in speculazioni secondo le quali dietro alla decisione del leader della Federazione Russa di scatenare l’aggressione attualmente in corso contro l’Ucraina potrebbe celarsi un qualche tipo infermità mentale. Confesso che anch’io, come molti altri, di fronte alle mostruosità scatenate dall’ordine di invasione dato da Putin ai suoi comandanti, mi sono più di una volta chiesto se il capo del Cremlino non sia da considerarsi pazzo, nel senso clinico del termine. Troppo inverosimile e folle  sembrava nell’immediato post-invasione – e lo sembra ancora oggi – l’idea di aggredire a freddo un paese vicino, senza neanche uno straccio di provocazione, causando migliaia di morti e feriti oltre che una crisi energetica ed economica mondiale, e rischiando una degenerazione nucleare del conflitto di proporzioni apocalittiche. In realtà, a mente fredda, adoperandosi nel non facile distacco emotivo, la decisione del presidente russo appare per ciò che è, ovvero il sintomo di una tendenza politica di tipo sciovinista in atto da anni in Europa e nel mondo. Vladimir Putin vuole rendere – con i suoi metodi brutali e con il suo cinismo – la Russia great again, grande di nuovo, e per fare ciò è disposto a provocare una crisi di proporzioni mondiali.

Il putinismo, l’ideologia neo-zarista di cui si nutre il regime russo, si può far rientrare a pieno titolo nella categoria delle filosofie politiche scioviniste contemporanee, anche se si distingue in questa ultima fase per la sua particolare brutalità e per il disprezzo per tutte le norme del diritto internazionale e umanitario. Donald Trump, Jair Bolsonaro, Xi Jinping, Narendra Modi, Recep Tayyip Erdoğan, Vladimir Putin: negli ultimi anni alcune delle maggiori potenze mondiali a livello politico, economico, militare sono state governate da personalità carismatiche, nazionaliste e reazionarie. Si tratta certamente di paesi molto diversi tra di loro – alcuni sono democrazie, altri dittature – ma i governi e i regimi di cui sopra hanno tutti un trait d’union, ovvero quella particolare prospettiva che possiamo chiamare “il mio paese innanzitutto”. L’Europa per la storia che ha avuto è da questo punto di vista probabilmente il continente più a rischio di derive nazionaliste e scioviniste. Spesso a noi europei piace pensare al nostro continente come al faro della democrazia e dei diritti umani – se non nel mondo, perlomeno per quanto riguarda la massa territoriale euro-asiatica – e in buona misura certamente lo è. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che l’Europa è anche un cimitero di imperi. Laddove vi sono oggi stati democratici, fino a qualche secolo o anche solo qualche decennio fa si ergevano grandi imperi continentali e “madrepatrie” di enormi imperi coloniali. Questo passato sarà sempre lì, un recondito “patrimonio” ideologico a disposizione di demagoghi pronti ad alimentare nostalgie reazionarie per i propri scopi di potere.

Alcuni stati europei già titolari di vastissimi possedimenti territoriali, come Portogallo, Olanda, Belgio, Austria, sembrano essersi lasciati per sempre alle spalle velleità imperiali, viste anche le proprie dimensioni geografiche ormai ridotte, ma non sono per questo necessariamente immuni al populismo reazionario. Altri invece, come la Gran Bretagna e, in misura minore, la Francia, faticano invece a staccarsi dai loro “sogni di gloria”. Così come le grandi potenze Stati Uniti, Russia e Cina sono tutte più o meno animate da spiriti eccezionalistici e anche missionaristici, anche in Europa sono ancora molti coloro che considerano il proprio paese “diverso da tutti” e portatore di una “missione storica”. Se il caso della Russia di Putin è estremo nella sua radicalità, il germe del nazionalismo e dello sciovinismo è più o meno presente in praticamente tutti i maggiori popoli europei.

L’Italia, patria fondatrice del fascismo, ha storicamente fatto tra i primi paesi europei l’esperienza dell’ubriacatura nazionalista e delle sue nefaste conseguenze. Nonostante ciò, come un alcolista incorreggibile, anche l’Italia in momenti di crisi è sempre tentata di fuggire dai problemi della realtà affidandosi all’ebbrezza del populismo e del nazionalismo, come ci hanno mostrato per ultime le recenti elezioni politiche. Gli esempi degli ultimi anni a livello mondiale ci mostrano chiaramente che il populismo neo-sciovinista arreca più o meno danni alle comunità politiche nazionali ed internazionali a seconda di quanto il sistema politico in cui si sviluppano li lascia fare. Se c’è una risposta popolare forte di opposizione, se i sistemi istituzionali, culturali e sociali di checks and balances funzionano, il nazionalismo arretra, come nel caso degli Stati Uniti e, speriamo, anche del Brasile. Se invece vengono lasciati agire, se non incontrano abbastanza resistenza, i nazionalismi dilagano e possono provocare danni gravissimi.

Personalmente mi auguro che il Partito Democratico, al di là della doverosa riflessione nei prossimi mesi – anche autocritica – su se stesso, sul proprio profilo e sulle proprie prospettive, si renda conto della responsabilità che ha in quanto principale partito di opposizione a questa destra, che andrà giudicata nei fatti ma che già si prevede potenzialmente rovinosa per il paese. L’opposizione non dev’essere in questo senso solamente l’occasione per leccarsi le ferite e riorganizzarsi in vista delle prossime elezioni, ma il momento di dimostrare all’Italia e all’Europa la propria utilità in quanto partito democratico di massa radicato sul territorio per riuscire ad arginare la marea di populismo sciovinista che si preannuncia. Questo il mio auspicio e la mia speranza in tempi purtroppo sempre più preoccupanti.

Fonte immagine: Asatur Yesayants/Shutterstock




Comunicato ufficiale sulla candidatura di Federico Quadrelli alla Camera dei Deputati – Elezioni 2022

Il Circolo PD Berlino e Brandeburgo è felice di vedere nella lista dei candidati PD per la Camera Federico Quadrelli, già Segretario del circolo e ora Presidente della federazione PD Germania. Il lavoro di questi anni, fatto d’incontri e approfondimenti con circoli in Europa e in Italia, di collaborazione con la SPD e la politica tedesca, di contributi forti al lavoro del partito, non ultimo il coordinamento della commissione che riformato lo Statuto PD Estero, è stato riconosciuto e premiato. Federico Quadrelli ha avuto un forte sostegno dei circoli PD in Germania e di altre federazioni in Europa. Riteniamo che sia una candidatura forte che può coinvolgere fasce di popolazione che fino a oggi non si sono sentite rappresentate, come i giovani, ma non solo. Un impegno politico chiaro sui temi dell’uguaglianza, della giustizia sociale, della lotta alle discriminazioni, in particolare sui diritti di cittadinanza, i diritti LGBTQI e per la parità di genere. Un europeo, un attivista espressione dei territori con grande esperienza politica e una forte sensibilità a nuovi temi, come quello ambientale. La nostra comunità è lieta di questa scelta ed è pronta a sostenere Quadrelli in questa campagna elettorale.

La Segreteria




Comunicazione per il Congresso

Ai sensi dell’art.19(6) dello Statuto si comunica che ad oggi sono state validamente ricevute le seguenti candidature:

Presidente: Viviana Vacante (ex comma 6.b)

Vice-presidente: Federico Quadrelli (ex comma 6.c)

 

 




Indizione del congresso di circolo 2021

Si riporta ex Art. 4 regolamento per la presentazione delle candidature alla segreteria del circolo

Berlino, 05.10.2021

 

Oggetto: Indizione del Congresso del Circolo PD di Berlino e Brandeburgo, 6 dicembre 2021 

 

Care iscritti, cari iscritti,

con la presente indico il Congresso del nostro Circolo per il giorno 6 di dicembre 2021 per il rinnovo delle sue cariche elettive.

Tale data è stata stabilita con delibera dell’Assemblea del 21 settembre scorso. In tale data si è anche proceduto, secondo la nostra prassi, a nominare la Commissione per il Congresso che è composta dai membri della Commissione di garanzia, Ilario Nocentini e Filippo Matteini, e da Francesca Indorato.

La Commissione di Congresso, altrimenti Presidenza del Congresso, avrà il compito di organizzare e gestire il Congresso. Accludo quindi una sua comunicazione a voi indirizzata con le prime indicazioni relative al processo e il relativo modulo per la presentazione delle candidature a Segretario con preghiera del suo utilizzo da parte degli interessati.

Per facilitare i necessari riscontri da parte vostra accludo alla presente comunicazione copia dello Statuto, con le debite modifiche recentemente approvate, e il Regolamento per la presentazione delle candidature alla Segreteria del nostro Circolo.

In tempo utile verrà convocata la Assemblea relativa secondo i termini previsti dal nostro Statuto che richiede un preavviso di tre settimane.

Nel caso di quesiti o dubbi prego gentilmente di volersi rivolgere direttamente alla Commissione per il Congresso utilizzando il suo indirizzo email riservato come indicato nella comunicazione acclusa:

                                                                                      congresso@circolopdberlino.com

Rimanendo naturalmente a disposizione di tutti invio i miei cari saluti

f.to
Presidente

Allegati: Comunicazione Presidenza del Congresso, Modulo di presentazione delle candidature, Statuto, Regolamento per la presentazione di candidature alla Segreteria [gli allegati sono stati inviati per email a tutti gli iscritti via ML]




Buon 25 aprile dal Circolo PD Berlino e Brandeburgo




Covid-19: Le sfide della pandemia alla politica

Fonte immagine: EFSA (http://www.efsa.europa.eu/sites/default/files/styles/news_individual_node_image/public/news/coronavirus.jpg?itok=rcHd1BLN)

 

I Circoli PD Berlino e Brandeburgo e PD Scandinavia hanno cooperato nell’organizzazione di una serie di eventi dedicati al coronavirus, incluse le sue conseguenze sulla società e dunque di quali strategie abbiamo bisogno per poter pensare ad una ripartenza post-virus. Qui trovate il report stilato dai Segretari dei rispettivi circoli, Federico Quadrelli ed Elena Raffetti.




Uk – Il popolo è sovrano

Il popolo sovrano ha deciso: la Gran Bretagna avrà un governo conservatore per i prossimi cinque anni. Fin qui i fatti ma quali conseguenze avrà questo voto? Possiamo già prevedere qualcosa.
Il partito laburista ha perso malamente. Ciò che deve far riflettere, tuttavia, non è tanto come abbia perso ma dove. La destra trionfa infatti nelle regioni povere, in aree storicamente di sinistra. Caso emblematico è la città di Wrexham, nel nord Galles, laburista dal 1935 ed oggi passata ai conservatori. Come membro del partito laburista mi sono attivata in campagna elettorale ed ho avuto il piacere e la fortuna di parlare con molte persone nello stato nel quale vivo, il Galles, in cui dal 1998 governa una assemblea a trazione Labour. Ebbene, i conservatori avanzano. In Galles, regione di ex-minatori, così come nel nord-est dell’Inghilterra. Stiamo parlando di aree che vivono prevalentemente di pubblico, dove le politiche della Tatcher hanno portato alla chiusura di miniere e fabbriche, logorando intere comunità. Perché i conservatori guadagnano consenso? Sarebbe facile, ma riduttivo, dare la colpa agli elettori. Sul tema Brexit Boris Johnson ha una posizione discutibile ma chiara: “Get the Brexit done” (facciamo la Brexit), ha un accordo con l’Unione Europea e promette di portare il paese fuori dall’Unione il 31 gennaio 2020. Sarà quel che sarà, dal primo febbraio potremo riorganizzarci e parlare di politica interna. Cosa propone di contro Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista? Fino ad un mese fa andava minimizzando il problema con una frase che suonava così: “Non importa che tu abbia votato per rimanere o uscire dall’Unione Europea, ascoltaci” e proponeva, in caso di vittoria, un’ennesima negoziazione per un ulteriore accordo, alternativo a quello ottenuto da Johnson. Avrei suggerito a Corbyn di non minimizzare mai le posizioni dell’elettorato ma vado oltre. Diverse sono state le reazioni: “Perché l’Unione dovrebbe spendere altro tempo per i negoziati quando un accordo è già sul tavolo?”. E ancora: “Basta parlare di Brexit, usciamo! Così i politici non avranno come scusa la Brexit per non parlare dei nostri problemi interni”. Io provo ora a mettermi nei panni delle persone che vivono in tempi di austerity e che cercano certezze. Possiamo essere d’accordo o meno ma gli elettori sono andati verso chi aveva una posizione certa. L’Europa è vista come qualcosa di lontano dalla vita comune e la sinistra britannica non si è mai impegnata a promuovere l’Unione fino in fondo. Anzi, sotto la guida di Corbyn, è stata ulteriormente declassata perché alla domanda su come farà un paese importatore come la Gran Bretagna a potersi permettere beni di prima necessità come verdure e farmaci, la risposta del leader è sempre stata la stessa: nazionalizziamo. Come? Tassando i ricchi avidi, senza pensare, a mio giudizio, che non siamo nella Russia del 1917 e che non possiamo sperare di diventare un paese socialista confiscando i beni ai ricchi. Eh si, perché le imprese si spostano e i soldi migrano insieme agli imprenditori. È risaputo anche che il socialismo in un solo paese non funziona, soprattutto per le fasce più deboli. Cuba docet. Corbyn, però, ha continuato imperterrito a rivendere le future possibili nazionalizzazioni attraverso la lotta ai ricchi, con il risultato che oggi, 13 dicembre 2019, è davanti gli occhi di tutti. La linea politica del partito sulla Brexit ha anche alienato la classe media che, mi ripeto, su questo tema voleva una risposta certa: Brexit si, Brexit no, quando e come. Dobbiamo riconoscere che su questo tema Bojo, come viene affettuosamente chiamato il primo ministro dai suoi detrattori, è stato chiaro, deciso e pragmatico. Ecco ciò che secondo me manca alla socialdemocrazia oggi: chiarezza e pragmatismo. Si cerca di accontentare tutti e si finisce, invece, ad ottenere l’effetto contrario con proposte pompose ma vuote. Discutiamo dei massimi sistemi senza tradurre le idee in azioni concrete. La radicalizzazione del partito laburista ha poi confermato che gli estremismi di sinistra, soprattutto in paesi fortemente capitalisti come la Gran Bretagna, non funzionano. Io sogno una sinistra al passo con i tempi, che sappia promuovere le aziende virtuose e distribuire le ricchezze pubbliche. Un modello Olivetti o Ferrero, per fare due esempi a noi familiari. Io sogno una sinistra che spieghi perché è importante aprirsi, conoscere, che dimostri quanto la libera circolazione delle persone sia un bene per l’umanità. Non ho sentito nulla di tutto ciò nelle parole di Corbyn post elezioni. Non voglio riproporre il modello Blair, auspico invece qualcosa di nuovo.
Corbyn dice che la Brexit ha oscurato le altre proposte Labour ed individua in questo le ragioni della disfatta. Non sono d’accordo. I piani di nazionalizzazione e le troppe proposte di interventi statali hanno creato paura in coloro che non vogliono assistere alla crescita del debito pubblico. Molti cittadini con amici, partner o commerci con Europei hanno sofferto il silenzio sulla sorte dei propri cari o dei propri commerci nel Regno Unito. L’incertezza e le risposte non date non hanno convinto l’elettorato.
Posso dire con certezza che Boris Johnson non investirà nel pubblico e che le aree povere ora sotto guida Tory soffriranno dei tagli alla spesa pubblica. È lì che la sinistra dovrà vigilare e riuscire a parlare nuovamente agli elettori. Dobbiamo riorganizzarci. Ora.
Rimangono poi due nodi da sciogliere: che fine farà il confine tra la Repubblica di Irlanda ed Irlanda del Nord e come si evolverà la situazione in Scozia, dove lo Scottish National Party, il partito pro indipendenza, ha fatto incetta di voti. La leader del partito e primo ministro, Nicola Sturgeon, ha sempre premuto per la scissione dal Regno Unito, anche in virtù del fatto che la Scozia votò per rimanere nella Unione Europea. Insomma, si prospetta un futuro complicato per il Regno Unito. Che Dio salvi tutti, non solo la Regina!

 

Valentina Flamini

Segretaria PD Uk

 

 

 

Photo credit: Stefan Rousseau / IPA / Fotogramma




Le proposte PD Berlino e Brandeburgo su ricerca e formazione

In occasione di un nostro precedente incontro organizzato in vista delle Elezioni Europee 2019 sono state avanzate delle proposte riguardo alla Ricerca e Formazione in Italia che ci sentiamo di riproporre per la Costituente delle Idee 2019. Trovate le proposte al seguente link:

PROPOSTE_RICERCA_FORMAZIONE_PD Berlino e Brandeburgo




È uscito il nuovo numero di Agorà sui populismi

Il secondo numero del nostro giornale online per il 2019 ha come oggetto il tema del populismo. Tema dibattuto, ma quanto mai attuale. All’indomani del fallimento della coalizione gialloverde in Italia, con la Brexit in dirittura d’arrivo e con un presidente degli Stati Uniti sempre più sgraziato nelle sue iniziative, a cominciare dalla ritrattazione delle sanzioni alla Cina per arrivare allo sgarbo istituzionale nei confronti del Regno di Danimarca, tutto sembra indicare che il populismo è vivo, è vegeto e soprattutto che non raccoglie i cocci. Come interpretare il presente? In questo numero verranno presentati i contributi di Federico Quadrelli, Segretario del Circolo PD Berlino e Brandeburgo, Anna Mastromarino, Professoressa associata di diritto pubblico comparato all’Università di Torino e Isabella Weiss di Valbranca, Responsabile Comunicazione PD USA. Una spiegazione generale del fenomeno e del perché dovremmo fare attenzione alle sirene del populismo, che altro non fa che tematizzare uguaglianze esistenti e squilibri creati in nome di un mercato “libero”. Ma anche un’analisi sulla figura del Presidente degli Stati Uniti e su come la guida di un paese non sia uno spazio di libera espressione, ma un ruolo con margini di manovra ridotti ed enormi responsabilità. Buona lettura!
Alberto Vettese
Responsabile Comunicazione Circolo PD Berlino e Brandeburgo