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Sergio Staino a Berlino

Lunedì 16 novembre ho avuto il piacere e l’onore di accogliere a Berlino Sergio Staino ospite presso  l’Istituto Italiano di Cultura (IIC) per la presentazione di un volume del 1981 dal titolo “Berlino amore mio”. Presso la sede dell’IIC rimarrà aperta l’esposizione “Berlino amore mio, disegnare una città” fino al 18.12.2015.

L’incontro con Sergio Staino, e sua moglie Bruna, è stato davvero emozionante e inaspettato. Abbiamo passeggiato per le strade della capitale tedesca parlando di storia, politica e futuro. Cosa avrei potuto desiderare di più se non un simile incontro!

Abbiamo visitato insieme Potsdamer Platz e discusso delle architetture di questi immensi centri moderni, nel bel mezzo di una piazza che poco meno di trent’anni fa era uno spazio vuoto, spaccato da un muro con filo spinato. Abbiamo poi percorso a piedi la strada che conduce al Bundestag e alla Porta di Brandeburgo.

Mi chiede cosa fa un Circolo PD a Berlino e gli racconto del nostro impegno giornaliero al fianco dell’SPD e della comunità italiana e della nostra volontà di contribuire al miglioramento del nostro Partito. Come? Offrendo il nostro impegno, le nostre idee e le nostre esperienze all’estero. Discutiamo della famosa lettera mandata proprio a L’Unità sul ruolo della sinistra oggi, del fecondo dibattito che ne è nato, e gli racconto della mia idea di unità e di sinistra, come per altro avevo fatto già su quelle stesse pagine. Ascolto le sue parole con entusiasmo: quasi non sembra vero essere davanti a Sergio Staino, ascoltare i suoi insegnamenti.

Davanti a me c’è una persona umile, forte che condivide la sua esperienza senza imporla. Siamo due generazioni che si incontrano e si confrontano e conosciamo bene l’importanza del passato, ma anche l’urgenza di guardare al futuro.

Chi come me ha iniziato da poco un’attività politica vera e propria si arricchisce dell’esperienza che persone come Sergio Staino possono offrire. Ci mettiamo a disposizione con forza e convinzione per un lavoro consapevole all’interno del nostro partito per costruire un’alternativa PER questo PD. Portando avanti un’idea di sinistra. Valori e obiettivi che mai come oggi sono urgenti e fondamentali davanti al riemergere di forze di destra, xenofobe e nazionaliste. Mai come oggi l’Europa vive un momento di forte crisi e sono convinto che siano le forze socialdemocratiche, di cui oggi anche il PD fa parte, a doversi far carico di questa sfida.

Federico Quadrelli
Segretario PD Berlino e Brandeburgo

Photo Credit: Dario Jacopo Laganà.

Photo Credit: Dario Jacopo Laganà.




Parigi – 13 Novembre

Nel talk show di Jauch (domenica 15.11.2015) ci viene presentata una giovane coppia di tedeschi sopravissuta alla strage nella sala del concerto. Alla domanda: Vi siete barricati in questa stanza, ma come sapevate che non c’era più nessuno che voleva o poteva entrare per sfuggire ai massacratori? segue un momento di esitazione e imbarazzo – poi la giovane donna: abbiamo chiuso la porta, qualcuno ha aperto un’ultima volta, abbiamo fatto entrare ancora un paio di persone, infine abbiamo chiuso, ormai dovevamo decidere…

Dopo tre interminabili ore è arrivata la polizia a liberare la trentina di persone barricate in quella stanza. L’episodio è una metafora: l’Europa minacciata, poi realmente attaccata – l’Europa comincia a barricarsi, chiude le porte, dà un’occhiata, si prende dentro qualche profugo ancora e poi chiude definitivamente ogni via d’accesso e si dispone ad aspettare che fuori il mondo si acquieti. Ma quale meravigliosa e ideale polizia verrà a liberarci? Forse il 7° Cavalleggeri come nei film western vecchia maniera? Inutile illudersi che le porte tengano. Paradossalmente è più facile tener fuori i veri terroristi. Invece le masse disperate che fuggono dal terrorismo – ma anche dalla fame e dal sottosviluppo – quelle le nostre porte sprangate non potranno fermarle. La “società aperta” – tanto spesso citata e incensata in questi giorni – non ammette chiusure, non più di tanto.
Che fare?

Confessiamocelo anche noi, noi che abbiamo esultato quando Angela Merkel ha spalancato le porte, e poi l’abbiamo criticata quando ha fatto, parzialmente, marcia indietro, e poi l’abbiamo difesa dai Seehofer e dai De Maizière che tentavano di pugnalarla alle spalle – noi sappiamo che l’Europa non potrà accogliere e sfamare e istruire e assistere tutti i dannati della terra. Ma sappiamo anche che i dannati della terra non si lasceranno fermare dalle nostre buone parole o dai nostri poliziotti armati fino ai denti.

Com’è possibile che il burro europeo costi in Marocco meno del prodotto locale?, si chiedeva un mese fa Heribert Prantl sulla Süddeutsche Zeitung (17.10.2015). Come è possibile predicare il libero mercato e intanto sovvenzionare la nostra agricoltura e distruggere così il mercato dei prodotti locali nel Terzo Mondo? “Fintantoché il burro europeo è più economico del burro locale non potremo meravigliarci per l’esodo dai paesi africani”, conclude lo stesso giornalista.

Com’è possibile vendere armi micidiali all’Arabia Saudita sapendo che gli emiri di quel paese sono gli ispiratori occulti dello Stato Islamico? Forse perché, come ipotizza in un talk show televisivo (16.11.2015) Gesine Schwan (SPD), la violazione dei contratti già firmati ci costerebbe troppo caro? Che prezzo pagheremo quando quelle armi arriveranno all’IS?

Le destre isteriche gridano all’invasione musulmana e all’esportazione del terrorismo, opera dei paesi musulmani. Ma in quei paesi scopriamo – come ci suggerisce il giornalista Georg Mascolo – lo stesso speculare rimprovero: siete voi con i vostri giovani marginalizzati e fanatizzati che esportate il terrorismo! I vari John macellatori, e i francesi e gli inglesi islamisti che vanno a combattere in Siria (dalla sola Europa alcune migliaia) sono in parte un prodotto della precedente immigrazione. Ma talvolta anche figli del nostro sangue… cristiano – ancorché convertiti all’islam fanatico.

I fuggiaschi che abbandonano lo Zaire per cercare asilo in Svizzera – raccontava in un vecchio documentario un assistente sociale – non fanno altro che seguire i soldi di Mobuto. Perché se Mobuto trasferisce nelle banche svizzere i capitali accumulati depredando il suo popolo, a questa gente non resta che seguire lo stesso tragitto e inseguire i soldi, i loro soldi.

Che fare?
Si parla tanto di unità e di solidarietà in questi giorni pensando ai popoli europei, dimenticando che la solidarietà è indivisibile. Certo solidarietà con le vittime di Parigi. E degli scampati alle stragi e ai macelli della Siria e dell’Iraq che ne faremo?
Molti che prima votavano per la Linke – in Sachsen, Thüringen, Brandenburg – hanno votato nelle recenti elezioni regionali un partito nazionalista, razzista e islamofobo come l’AfD. Impossibile? Non sono forse passati in Italia alcuni bastioni che furono del Pci alla Lega? Un partito che ha fatto eleggere in un quartiere di Padova un consigliere comunale capace di scrivere su Facebook, in riferimento al ministro di pelle nera Cecile Kyenge, la seguente frase: “Ma mai nessuno che se la stupri, così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato?” (la Repubblica, 14.6.2013).

Il mondo è complicato. La linea che separa i nostri valori, quei valori ai quali più che mai in questi momenti ci appelliamo, non è la linea di confine fra due religioni diverse, né la linea che separa territorii diversi, l’Occidente e l’Oriente, o etnie diverse o popoli diversi. La barbarie più recente e immane dell’ultimo secolo è nata nel cuore della civiltà europea ottant’anni fa. La storia non si ripete mai, la barbarie si ripresenta spesso. Per quanto tempo ancora l’Europa si cullerà nell’illusione di essere fortezza di civiltà assediata da invasori esterni?

La metafora della stanza barricata a pensarci bene non funziona. O funziona solo a patto di sapere che al di fuori di quella stanza non ci sono solo i nemici, ma infuria una lotta cruenta: i nostri alleati naturali se ancora non sono stati assassinati stanno cercando in ogni modo di difendersi.

La metafora funziona a patto di ricordare che l’incivilità, l’intolleranza e l’odio serpeggiano anche all’interno della fortezza Europa assediata. Vorrei concludere ricordando le parole precise e inesorabili con le quali Gad Lerner anni fa descriveva l’intolleranza tutta nostra – europea – nei confronti di una minoranza di… brutti sporchi e cattivi (tanto per citare un vecchio film di Scola): gli zingari.

Una cosa però dobbiamo dircela chiara, anche se scomoda. Non possiamo più permetterci di considerare i rom e gli abitanti delle bidonvilles come materiale umano di scarto. Cancellarli non si può, a meno di concepirne lo sterminio. Una follia? Niente affatto: è l’unico esito coerente, dilazionato nel tempo, del malumore che cova e dello scricchiolio sinistro del nostro codice morale.
(la Repubblica, 13.8.2007)

Massimo Serenari




Comunicato del Segretario

Care iscritte e cari iscritti,
care e cari sostenitori della lista Partecipazione e Democrazia,
care compagne e cari compagni,

il 14 novembre 2015 si è tenuto il ballottaggio per l’elezione del Segretario PD Germania. Non ho trascritto il mio intervento in Assemblea quindi procederò con una ricostruzione della giornata e delle cose che ho detto e che vorrei ora riprendere in modo più strutturato.

Sono il Segretario di Circolo più giovane all’estero. E sono (stato) anche il candidato alla Segreteria PD Germania più giovane. Mi è stato detto che questo era un limite, ero troppo giovane per candidarmi, ero troppo giovane per “provarci”. Malgrado questo ho ottenuto, assieme alla lista che mi ha appoggiato, il 32% delle preferenze andando al ballottaggio con il mio concorrente, con alle spalle venti o trenta anni di esperienza politica e di partito. In molti credevano non sarebbe potuto accadere e invece è accaduto.

L’età non significa niente. L’esperienza che si colleziona nel tempo dipende dall’impegno che mettiamo nelle cose in cui crediamo. Per questo motivo, questo ballottaggio ha avuto una valenza simbolica importante: iscritte e iscritti hanno dimostrato di desiderare qualche cosa di diverso e hanno fatto una scelta diversa. Mi ero augurato che tutte e tutti potessero scegliere liberamente e in coscienza chi sostenere. Al di là degli interessi di parte, delle logiche dell’amicizia, della conoscenza e della dipendenza da questo o quello.

Lo ho detto e lo ripeto, volevo e voglio cambiare un sistema di potere che reputo negativo. Voglio sperare in un vero cambiamento positivo di questo PD Germania, del PD Nazionale, ma più in generale della Politica. Troppo spesso si assiste a un mercimonio, a uno scambio basato sulla concessione di cariche e poltrone, che niente ha a che fare con il confronto basato sui temi, sulle proposte e sulle idee. Spesso la comodità di una poltrona basta a far cambiare idea a tante persone. E troppo spesso ho assistito a cambiamenti di opinione così repentini da farmi chiedere se la coerenza è solo per me un valore. Per me è un valore fondamentale.

Sono toscano e ho quel difetto tipico dei toscani: non mi mordo la lingua. Dico sempre quel che penso e credo che questo sia lesivo per chi cerca una posizione facile, ma assolutamente positivo per chi vuol combattere per cambiare le cose. Proprio per questo era fondamentale promuovere un metodo nuovo di confronto e di decisione: non mi interessavano e non mi interessano posizioni di potere. Mi interessava e mi interessa fare cose concrete. Ma farle con un metodo diverso. L’impegno che abbiamo messo, noi tutti, nelle discussioni, nei dibattiti e nella redazione stessa del programma, sono la dimostrazione che è possibile fare diversamente. Costa fatica, ma si può.

Sogno il superamento del familismo amorale nella politica di tutti i giorni. Vivo il mio ruolo di Segretario di un circolo non come un privilegio, ma come servizio. Si è persa nel tempo, e sempre più si perde, una regola base della rappresentanza: non è il mio circolo a rappresentare me, ma io a rappresentare loro. E questo vale anche per le elette e gli eletti: non siamo un comitato elettorale. Io non voglio esserlo. Siamo un partito e un partito è fatto di iscritte e iscritti, di congressi e regole, di partecipazione e di passione. C’è bisogno di cambiare prospettiva e di impegnarsi seriamente non per il gusto di avere un titolo, ma per la volontà di fare e fare bene.

In che modo si può fare questo? In tanti modi, ognuno porta la propria proposta, il proprio modo di fare, la propria arte. Credo che non si possa fare una guerra tra generazioni: l’esperienza si condivide e non si impone. Serve anche più democrazia, ma di quella sana, che non ha niente a che vedere con accordi basati semplicemente sul do ut des. Serve soprattutto rispetto, rispetto delle varie posizioni e idee: l’unità non significa omologazione, non è assoggettamento al volere di questo o di quello.
L’unità, per me, è un valore quando la pluralità di idee è considerata una ricchezza e non un fardello. Lo dico come membro di una minoranza, eletto in Assemblea Nazionale con la mozione Civati: non ho condiviso la sua scelta di lasciare il PD e sono rimasto, insieme a tanti altri, perché vogliamo portare avanti le nostre idee e convinzioni, dentro al PD. Vogliamo costruire un’alternativa PER il PD e lo si può fare solo restituendo alle iscritte e agli iscritti la centralità che spetta loro: non ai Segretari, non ai deputati o ai senatori, ma alle iscritte e agli iscritti. Sono loro le unità fondamentali di questo partito e purtroppo sembra che per alcuni questo non sia vero, anzi, è quasi un problema.

Credo in un Partito che sia partecipato, aperto alla discussione onesta, franca e impegnata, anche con partecipanti attivi, non solo tesserati. Che veda la tessera non come un elemento negativo, ma positivo. Io di tessere ne ho due e ne sono ben felice.

Potrei scrivere ancora a lungo, ma mi ripeterei. Voglio concludere con una frase che mi ha colpito e mi piace molto: “il futuro ha radice antiche”. Con le esperienze del passato, si guarda avanti per costruire un futuro diverso e si spera migliore. La collaborazione non può mancare, a patto che si faccia. E non ci si limiti a chiacchierare. Non bastano le dichiarazioni di intenti, né momenti di marketing politico: ci vogliono i fatti, basati sulle idee e sulle discussioni concrete.

Abbiamo portato avanti un confronto onesto e basato sui temi, non sulle contrapposizioni personali né sulla mera distribuzione di posizioni. L’esito del ballottaggio ci colloca all’opposizione. La lista di minoranza, infatti, ha fatto una sua scelta, che ha motivato come avete letto. A ciascuno di noi la libertà di analizzarne il contenuto alla luce dei mesi di campagna elettorale e di confronto anche recente.

Come delegate e delegati eletti abbiamo la responsabilità di tenere a mente, sempre, i principi che abbiamo proposto e con i quali abbiamo ottenuto la fiducia di tante iscritte e tanti iscritti. Per queste ragioni saremo vigili e severi, ma sempre aperti al confronto.

Al nuovo gruppo dirigente i migliori auguri di buon lavoro.

Un caro saluto

Federico Quadrelli
Segretario PD Berlino e Brandeburgo




La nostra rivista

Il Circolo PD Berlino&Brandeburgo ha dato inizio a un piccolo ma ambizioso progetto: la rivista di informazione e discussione del gruppo. Sarà un bimestrale.

Metteremo i volumi che pubblicheremo, di volta in volta, a disposizione di tutti sul nostro nuovo sito per ora in costruzione.

Condividere è importante e con questo progetto speriamo di contribuire ad ampliare la discussione interna ed esterna al nostro partito. In Europa come in Italia.




Solidarietà a Cécile Kyenge

A nome del Circolo di Berlino voglio esprimere la mia totale solidarietà all’On. Cécile Kyenge Kashetu per quanto accaduto oggi al Senato.

Pubblico volentieri la sua lettera di oggi a L’Unità dove spiega le ragioni della sua amarezza. E dico: della nostra amarezza!

Il Partito Democratico doveva fare una scelta diversa. Bisognava dare un segnale chiaro a chi pensa di poter usare le istituzioni a suo piacimento. A chi crede di poter insultare senza freni in virtù del suo ruolo. A chi si vanta di oscene affermazioni razziste. Non lo dovevamo permettere.

A Cécile va la nostra solidarietà piena. A lei dico: andiamo avanti insieme, noi siamo con te. Noi crediamo nel tuo impegno e vogliamo poterti sostenere nel modo migliore, che per noi significa non tacere mai davanti ad ingiustizie, razzismo e odio.

Ti aspettiamo anche a Berlino, ti daremo l’abbraccio più caldo di cui siamo capaci. E per ora, avanti con il tuo importantissimo lavoro al Parlamento Europeo.

Federico Quadrelli
Segretario Circolo PD Berlino e Brandeburgo




Il «modello tedesco» in 10 punti e una controproposta

Unioni civili
Il «modello tedesco» in 10 punti e una controproposta

Con questo post, il blog del circolo PD di Berlino e del Brandeburgo inaugura una serie di interventi di «fact checking» volti a chiarire alcuni aspetti del sistema Germania citati molto spesso nel dibattito italiano… previo arrotondamento per eccesso. Cominciamo dalle eingetragene Lebenspartnerschaften, le unioni civili indicate da più parti come un modello da seguire. Lo sono davvero? Lasciamo che siano i fatti a parlare.

modellotedesco

1. Il 21 luglio 2015 la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia perché tre coppie omosessuali si sono viste rifiutare le pubblicazioni di matrimonio dai rispettivi Comuni di residenza. La condanna era in realtà indirizzata al vuoto normativo italiano in materia di unioni tra persone dello stesso sesso. Non a caso, nell’ultima edizione della mappa pubblicata ogni anno dall’ILGA (International Lesbian, Gay, Bisex, Trans and Intersex Association), l’Italia strappa un magro 22%, più in linea con l’Est europeo che col cuore storico e culturale dell’eurozona.

2. La medesima infografica assegna alla Germania una percentuale superiore ma non eccellente: il 56%. Persino Paesi dell’Europa meridionale e orientale come Spagna (69%), Malta (77%) e Croazia (71%) fanno meglio del colosso tedesco. Come mai?

3. Il motivo è semplice: in Germania due persone dello stesso sesso si possono unire civilmente, ma non sposarsi. All’indomani del referendum irlandese del 22 maggio 2015, su 28 Paesi UE sono 19 quelli che disciplinano le unioni gay, e ben 14 a prevedere il matrimonio egualitario. Se l’Italia, con zero leggi, è fanalino di coda (insieme a Polonia, Slovacchia, Bulgaria, Romania, Lituania, Lettonia, Grecia e Cipro), la Germania rientra in quella graffa di cinque Paesi ancorati all’istituto dell’unione civile.

4. Il Lebenspartnerschaftsgesetz (LPartG), cioè a dire la legge che regola le unioni civili tedesche, è entrata in vigore nell’agosto del 2001, durante il primo governo rosso-verde capeggiato da Gerhard Schröder. All’epoca si trattò di un provvedimento all’avanguardia, per quanto già superato dalla legge olandese sui matrimoni promulgata nell’aprile dello stesso anno.

5. In Germania possono unirsi con rito civile due persone maggiorenni dello stesso sesso, non strettamente imparentate, single – o divorziate. La cerimonia avviene presso uno Standesamt (l’ufficio comunale dove ci si sposa) o, in Baviera, anche nell’ufficio di un notaio, alla presenza di due testimoni.

6. Rispetto a una coppia sposata, due Lebenspartner (‘compagni di vita’) hanno gli stessi doveri e gran parte degli stessi diritti. Se parliamo di codice civile, di trattamento fiscale, di reversibilità pensionistica, di eredità, welfare, naturalizzazione del partner non tedesco, di graduatorie, permessi lavorativi o di reciproca assistenza in ambito sanitario, la parità è completa. Vi sono tuttavia alcune mancanze, per l’esattezza 150 (sparse su 54 diversi regolamenti), la più vistosa delle quali riguarda le adozioni. Una coppia unitasi civilmente in Germania non può adottare se non ricorrendo alla cosiddetta stepchild adoption: un partner può adottare i figli dell’altro, in ottemperanza alla possibilità di adozione da parte di una singola persona.

7. Il ddl Cirinnà, sul quale il governo italiano sta puntando e che è nel pieno di un lungo iter parlamentare, si rifà indubbiamente al Lebenspartnerschaftsgesetz, arrivando a prevedere anche la stepchild adoption. Il testo presentato nel 2013 mantiene quindi la promessa di seguire le orme delle unioni civili «alla tedesca».

8. Il percorso parlamentare, che inizierà al Senato, si annuncia irto di insidie. Al migliaio di emendamenti proposti dall’NCD se ne affianca un numero più modesto di matrice dem (ala cattolica), che si lascia riassumere nella seguente definizione inserita nel testo quest’estate, «l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale istituto giuridico originario», successivamente riformulata cercando un aggancio nell’articolo 2 della Costituzione (ove si parla di «formazioni sociali») e aggiungendo un aggettivo quantomeno ghettizzante: «specifiche». In sintesi, è chiarissima la volontà di tracciare una linea netta di separazione tra il classico matrimonio e le unioni civili. Anche in Germania è così: due persone eterosessuali, per esempio, non possono unirsi civilmente facendo leva sul LPartG. Invece di adattare un istituto preesistente modificando due parole (come si è fatto in Spagna), si è scelta la strada più tortuosa e «separatista» della legge ad hoc.

9. Ecco quindi spiegata la lieve insufficienza (il 56% della mappa ILGA) che penalizza la Germania nel 2015 per quanto riguarda i diritti LGBT. Il «modello tedesco», ormai entrato nel linguaggio giornalistico e politico del Bel Paese, non è più tale in Germania. Si tratta, semmai, di un istituto che ha fatto il suo tempo e merita di essere superato approdando al matrimonio egualitario.

10. Ne sia da esempio il recente dibattito al Bundestag ispirato alla campagna Ehe für alle (‘matrimonio per tutti’) lanciata dalla piattaforma Campact e sostenuta dal LSVD (Lesben- und Schwulenverband in Deutschland), che in pochi mesi ha raccolto quasi 100.000 firme e conta sul sostegno, finora virtuale in tempi di grande coalizione, di una maggioranza SPD-Verdi-Linke. A livello di consenso popolare la eingetragene Lebenspartnerschaft è ormai una soluzione antiquata, scelta da appena 35.000 coppie in dodici anni (dati del 2013) rispetto ai 30.000 matrimoni omosessuali contratti in Spagna alla stessa data a partire dal 2005 – e la Germania ha 82 milioni di abitanti rispetto ai 48 spagnoli. Prenderla a modello, col rischio concreto di ulteriori compromessi al ribasso, equivale a volersi accontentare di un risultato scadente pur di dire «abbiamo fatto anche questo». Il topolino che partorisce il paramecio.

Nel 2015, anno in cui la popolazione di un Paese cattolico come l’Irlanda ha detto sì al matrimonio egualitario, il modello tedesco può rappresentare una soglia minima di accettabilità, non un orizzonte utopico. Partendo dal ddl Cirinnà, che al 16 settembre 2015 risulta gonfiato da 10 a 1578 pagine per via del fiume di emendamenti e di sedute in commissione, si andrà incontro al solito polverone sui «matrimoni gay» finendo, se tutto va bene, col promulgare una legge analoga agli ormai preistorici PACS e ai vari Dico, Pcus, Di.Do.Re. fortunatamente rimasti lettera morta. E dire che in Senato sta prendendo la polvere un altro ddl del 2013, Norme contro la discriminazione matrimoniale (prima firma Lo Giudice), che affronta il tema con un cambio di prospettiva: non mutua un istituto estero annacquandolo all’italiana, ma si limita a correggere tre articoletti del codice civile per consentire a qualunque coppia che si ami e che voglia organizzare la propria vita in comune di accedere all’istituto matrimoniale. Il tutto in meno di una pagina. Semplice, no?

 




Contro l’odio e la xenofobia

In questi giorni abbiamo letto di nuove ondate di violenza in Europa, dall’Ungheria alla Germania, contro i rifugiati e gli stranieri più in generale. Non c’è molto da dire se non che dobbiamo rimanere uniti e combattere con grande determinazione e forza ogni forma di razzismo e di odio.

Proprio in queste ore la sede nazionale dell’SPD, la Willy-Brandt Haus è stata evacuata per un allarme bomba. La Segretaria Yasmin Fahimi ha dichiarato che da quando il Vice Cancelliere e capo dell’SPD, Sigmar Gabriel, ha fatto visita a un campo per rifugiati sono pervenute tante email con offese e minacce.

Ieri sulla Berliner Zeitung era riportato un fatto che definire vomitevole è poco. Due uomini vicini agli ambienti neo-nazisti hanno aggredito una madre con figli. Hanno urinato sui bambini compiendo un atto barbaro di inaudito disprezzo. Qualche settimana prima su un tram un uomo aveva aggredito una donna incinta e la sua amica. Ancora una volta il motivo era il loro essere straniere.

Ma non c’è solo questo. Dei campi per rifugiati sono stati dati alle fiamme in Brandeburgo. Insulti, violenze che crescono e si riproducono sulla scia di vecchie immagini. Tutto questo non può farci solo rabbrividire, ma anche reagire con forza. Non c’è spazio alcuno per l’odio e la follia xenofoba. 

Credo fermamente che sia compito di tutte le forze democratiche unirsi e dimostrare che la dignità della persona è al di sopra di ogni schieramento politico e di ogni calcolo elettorale. La reazione può consistere solo in un impegno ancora maggiore per l’affermazione dei valori democratici su cui quest’Europa è fondata: solidarietà, accoglienza, rispetto della dignità umana e riconoscimento del valore dell’alterità.

A chi solletica gli istinti più bassi, a chi minaccia ed esercita violenza, rispondiamo che non abbiamo paura. Non smetteremo di essere umani. Non rinunceremo alla nostra dignità e integrità. Risponderemo all’odio e al male, per usare le parole famose di Jens Stoltenberg, con più democrazia, più libertà e più accoglienza.

Federico Quadrelli

Segretario Circolo PD Berlino e Brandeburgo




Visita a Sachsenhausen. Per non dimenticare.

Oggi abbiamo realizzato una visita al campo di concentramento di Sachsenhausen poco fuori Berlino. Non si può descrivere la sensazione che si prova a camminare per i viali di quel luogo pensato e creato per infliggere dolore e morte.

Abbiamo tutti una grande responsabilità, come cittadine e cittadini, come politiche e politici, ma soprattutto come donne e uomini: mai dimenticare! Gli orrori avvenuti 70 anni fa devono essere tenuti bene a mente, affinché ciò che ora appartiene al passato non torni ad essere un orribile presente.

Alcune considerazioni aggiuntive sono state pubblicate sullo spazio blog di Formiche.net.

Un caro saluto

Federico Quadrelli

Segretario Circolo PD Berlino e Brandeburgo




Intervento del Segretario Federico Quadrelli all’evento AG Carlo Levi di Berlino

Liebe Genossinen und Genossen,

Sehr geehrte Damen und Herren,

Vielen Dank für diese Einladung. Und ein besonderes Dankeschön an Gianfranco Ceccanei und die AG Carlo Levi für ihr Engagement, ihre Leidenschaft und Arbeit zum Thema Erinnerung.

Wie manche von euch wissen, komme ich aus der Toskana. Ich komme von den Bergen, in der Nähe von Sant´Anna di Stazzema. Es ist für mich sehr wichtig, auch hier in Berlin, darüber zu sprechen.

In diesen Wochen hat die Hamburger Staatsanwaltschaft aufgrund eines Gesundheitsproblems die Anklage gegen den ehemaligen SS-Mann Gerhard Sommer ausgesetzt. Ich möchte etwas darüber sagen: Ein Nazi, egal ob er 90 oder 50 oder 20 ist, bleibt, was er ist. Wir müssen agieren, sofort!

Dies ist nicht eine Rache an einem alten Mann, es ist Gerechtigkeit für eine Gemeinschaft, für die Geschichte, für die Wahrheit.

Er war 1945 zusammen mit anderen Nazis und Faschisten dort und er hat 560 Leute schonungslos getötet: Frauen, Alte und Kinder. Erschossen und im Feuer verbrannt.

Ich möchte sagen, dass wir alle Sommer verurteilen müssen. Wenn nicht durch ein Gericht, dann durch unsere Gemeinschaft. Das ist unsere Verantwortung, eine gemeinsame Verantwortung: Nie vergessen! Wir haben ein Bedürfnis nach Justiz und Gerechtigkeit.




Notizie dalla Spagna

La Spagna porta in Europa un vento nuovo. Il movimento politico Podemos pur collocandosi a livello generale al terzo posto, si è imposto in modo forte in tutte le realtà locali. Ha dimostrato, a differenza di quello che era l’esperienza del M5S in Italia, per esempio, di essersi radicato bene nel territorio e di aver creato una struttura efficace.

A Paolo Bindi, di Possibile, ho chiesto di raccontarci quanto accaduto in queste settimane per poter condividere impressioni e informazioni.

Di seguito il testo del suo intervento per noi.

Habemus pactum

Sono giorni frenetici qui a Madrid. Le elezioni amministrative di domenica 24 Maggio hanno sancito un prima e un dopo nella politica spagnola. Finora infatti si spartivano il potere il PP e il PSOE e, almeno negli ultimi due decenni, in nessuna occasione hanno avuto la necessita di cercare appoggi post-elettorali per governare, escludendo casi particolari in cui ad esempio il PSOE ha stretto patti con Izquierda Unida. Ma erano accordi talmente scontati e naturali che nessuno si è mai posto nelle condizioni di discuterli… Come invece è successo in questi 4 ultimi frenetici giorni.

I politici spagnoli hanno dovuto quindi in fretta e furia scoprire l’arte della Politica, quella che una legge elettorale pessima, ma forse l’unica possibile da adottare durante il periodo della Transazione(1), gli ha sempre permesso di avere una maggioranza sicura, ed una vittoria nata sempre e comunque per demeriti dell’altro più che per i propri meriti. A tal punto che nelle ultime tornate elettorali non c’era quasi bisogno di fare campagna elettorale, come ad esempio successe 4 anni fa, quando il secondo disastroso governo Zapatero fu costretto a dimettersi in anticipo, lasciando ad un semisconosciuto – almeno al grande pubblico – Rajoy campo aperto per la vittoria, senza letteralmente fare campagna elettorale (in quei mesi avrà forse rilasciato un paio di interviste).

Ma che cosa è successo domenica?
I numeri parlano chiaro.
Il PP ed il PSOE anche risultando in quest’ordine le forze più votate, non hanno raggiunto in nessuna regione ed in nessuna grande città, la maggioranza necessaria per governare. Ed anzi, nelle città chiave, come Madrid e Barcellona, partiti nati come aggregazione di movimenti di cittadini (sotto l’ala protettrice di Podemos), hanno tolto la storica maggioranza rispettivamente al PP (che governava da 25 anni nella capitale spagnola) e a CiU la forza indipendentista catalana di Artur Más che ha pagato lo scotto della corruzione, più che dell’avventura del referendum per l’indipendenza.
E sono stati buttati giù dal trono a Madrid da Carmena, iscritta al partito comunista durante la dittatura franchista ed ex giudice emerito, che negli ultimi anni, lasciata la carriera giuridica, si era dedicata in pieno alla causa dei carcerati, devolvendo tutti le entrate della sua nuova attività per finanziare i loro stipendi. Ed a Barcellona da Colau, attivista in prima linea contro gli sfratti della stessa amministrazione di cui ora potrebbe diventare responsabile.

La corruzione di questi ultimi mesi è stata il motivo principale, unito ai tagli alla spesa pubblica (sanità e scuola su tutti), che hanno portato all’ascesa di consensi di Podemos e di Ciudadanos. Questi due schieramenti politici che si auto-definiscono “nè di destra nè di sinistra” hanno fatto proprio della lotta alla corruzione il loro cavallo di battaglia.
Ed a ragione.
Gli scandali de las tarjetas black(2), dell’ERE in Andalucia (3), della lista parallela dei conti del PP e le tangenti nella regione valenciana, hanno avuto un impatto talmente forte sull’opinione pubblica da far passare in secondo piano le poche cose che di buono a fatto l’attuale governo Rajoy.

Lunedì nelle edicole di tutto il paese I titoli dei quotidiani riportavano a chiare lettere da un lato, quello di destra, la parola “instabilidad”, mentre dall’altro il nuovo verbo della politica spagnola… “pactar…pactar…pactar”.

Però come puoi scendere a patti con chi prima delle elezioni ti ha considerato alla stregua di un delinquente, senza speranza se non quella di semplice ed inutile disturbo per una vittoria certa?
E’ vero che durante la campagna elettorale è ammesso di tutto, ma stavolta i dubbi erano tanti.
Ma in pochi giorni quello che tutti, almeno a sinistra, si aspettavamo accadesse, era che Pedro (Sanchez) alzasse il telefono e chiamasse Pablo (Iglesias).
E così oggi è stato.
La situazione a sinistra pare quindi essersi sbloccata, sia per quel che riguarda le grandi città che per quasi tutte le regioni. Però il patto sarà a metà. Dove il PSOE ha bisogno di Podemos per governare, quest’ultimo appoggerà solo l’investitura del corrisponde leader socialista, ma non entrerà in nessun governo ed in tutti I casi darà il suo appoggio solo ed esclusivamente se si metteranno per iscritto almeno due punti fondamentali del programma di Podemos: “lotta alla corruzione” e “fine dei tagli ai servizi di base”.

Insomma, PSOE e Podemos sono obbligati ad intendersi e capirsi.
Per vari motivi.
Innanzitutto perchè l’obiettivo di mettere in secondo piano il PP è troppo forte per farsi sfuggire quest’occasione e poi perchè a Novembre ci saranno le elezioni generali e visto che mai come in quest’ultimo anno è così fluida l’intenzione di voto degli spagnoli, qualsiasi errore, come potrebbe essere quello di bloccare tutte le amministrazioni locali e regionali – compresa l’Andalucia dove si votò ad inizio d’anno per colpa di una scellerata scelta politica della Díaz, porterebbe a risultati inaspettati anche per chi in questo momento sembra riscuotere il maggiore consenso possibile.

Se da un lato l’accordo è stato raggiunto, dall’altro sembra che siamo ancora in alto mare.
PP e Ciudadanos ancora non si sono nemmeno avvicinati, se non durante la notte elettorale, con dichiarazioni di esponenti del PP, un partito che però in questi giorni si trova nella peggiore crisi politica da 30 anni a questa parte.
Il partito che sembrava essere talmente granitico agli occhi dell’opinione pubblica da riuscire a nascondere tutte le beghe interne (famosa quella tra Aguirre e Gallardon per la candidatura per le elezioni politiche nella quale prevalse poi Rajoy), stavolta, travolto dai pessimi risultati elettorali, deve fare I conti solo con se stesso. E la resa dei conti è talmente inusuale dura, che il povero Rajoy, quello che doveva essere la figura di compresso tra le varie anime di questo partito, non sa più a che santo votarsi.
Un barone del suo stesso partito (Herrera, l’ex governatore di Castilla y León) le ha consigliato “di guardarsi allo specchio la mattina prima di decidere se presentarsi come candidato” alle Politiche di Novembre. Altri, come I governatori/trici di feudi storici come la Comunidad Valenciana, Aragón e Baleares, si sono dimessi il giorno dopo la sconfitta di propria iniziativa proprio mentre il segretario del partito affermava il contrario, ovvero che non era successo nulla perchè il PP era stata la forza più votata. Siamo arrivati al punto che esponenti dell’ex giunta di Castilla y Leon (pare non l’hanno presa bene pare da quelle parti) hanno chiesto la testa del ministro dell’industria che, ha detta loro, è stato l’artefice con le sue politiche energetiche (carbone e petrolio) della debacle nella loro regione ed in quella canaria, dove il PP ha perso il 50% dei consensi (!)
Poi ci sono le mine vaganti, quelle che come XXX impazziti vanno per conto loro senza ascoltare niente e nessuno. Nè in campagna elettorare nè ora, dove sarebbe consigliabile un minimo di prudenza. Il più potente politico che la città e la regione di Madrid abbiano mai conosciuto, la signora Esperanza Aguirre, che in un impeto da “bambina capricciosa” (appellativo attribuitele oggi da Carmena) ha prima chiesto a tutte le forze politiche (PSOE e Ciudadanos) di mettersi d’accordo per evitare la deriva da “soviet supremo” nella capitale, per poi offrire il suo appoggio a Carmena come sindacA se avesse riununciato a tutti I suoi stessi punti del programma per cui I cittadini l’hanno eletta, per poi, quando tutti gli altri partiti le hanno risposto che non ha nessun senso fare patti contro l’evidenza, rivolgersi di nuovo al PSOE offrendole la candidatura del comune…insomma, “Una donna sull’orlo di una crisi di nervi”.

Ciudadanos per ora rimane alla finestra ed il suo appoggio al PSOE o al PP (o anche a Podemos), lo darà solo in caso venga messo nero su bianco il patto anti corruzione e, nel caso del PP, che quest’ultimo schieramento decida I suoi candidati attraverso delle Primarie e non per alzata di mano (cosa che peraltro loro non hanno applicato finora…ma tant’è… il momento è talmente confuso che si può affermare qualsiasi cosa).

In tutto questo, sono spariti due partiti. Izquierda Unida, storico partito di sinistra, esiste ancora con percentuali bassisime solo a livello di comunale, mentre l’UpD di Rosa Diez, un partito che nella precedente tornata elettorale, fu la novità nel panorama politico spagnolo, non è arrivato a superare la soglia del 5% necessario per avere rappresentanza nello scenario amministrativo.

Novembre si avvicina e saranno mesi politici intensi ed appasionanti, dove ogni minimo errore di valutazione potrebbe far spostare percentuali di voti in maniera del tutto imprevedibile e determinante.

Sia chiaro quindi che il famos “tic tac tic tac…” vale anche per chi lo pronunciò qualche mese fa in risposta ad una provocazione del Primo Ministro, di questo paese di forti contrasti, di gente tenace ed ora culla di movimenti politici unici in Europa.

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(1) Transazione, è il momento storico durante il quale si passo dalla dittatura di Franco ad un regime democratico. Inizia storicamente con la morte di Franco 20 novembre del 1975 e termina con le prime libere elezioni democratiche il 15 giugno del 1977

(2) Las tarjetas black (Carte di credito “nere”), rappresentano le retribuzioni che 86 dirigenti di Caja Madrid poi Bankia (entità riscattata dagli aiuti della Comunità Europea) ricettero indipendentemente dalla loro retribuzione. Figurano coinvolti tutti I partiti politici (esclusi Podemos, Ciudadanos e UpD) e le formazioni sindacali. In particolare tra I beneficiari risultano 27 importanti esponenti del PP.

(3) ERE (expediente de regulación de empleo – la nostra Cassa Integrazione), si tratta della gestione irregolare e fraudolenta di casi di prepensionamento, che vedono implicati Chaves (ex presidente della regione Andalucia, roccaforte socialista dal 1980 e Griñan.