La Spagna porta in Europa un vento nuovo. Il movimento politico Podemos pur collocandosi a livello generale al terzo posto, si è imposto in modo forte in tutte le realtà locali. Ha dimostrato, a differenza di quello che era l’esperienza del M5S in Italia, per esempio, di essersi radicato bene nel territorio e di aver creato una struttura efficace.
A Paolo Bindi, di Possibile, ho chiesto di raccontarci quanto accaduto in queste settimane per poter condividere impressioni e informazioni.
Di seguito il testo del suo intervento per noi.
Habemus pactum
Sono giorni frenetici qui a Madrid. Le elezioni amministrative di domenica 24 Maggio hanno sancito un prima e un dopo nella politica spagnola. Finora infatti si spartivano il potere il PP e il PSOE e, almeno negli ultimi due decenni, in nessuna occasione hanno avuto la necessita di cercare appoggi post-elettorali per governare, escludendo casi particolari in cui ad esempio il PSOE ha stretto patti con Izquierda Unida. Ma erano accordi talmente scontati e naturali che nessuno si è mai posto nelle condizioni di discuterli… Come invece è successo in questi 4 ultimi frenetici giorni.
I politici spagnoli hanno dovuto quindi in fretta e furia scoprire l’arte della Politica, quella che una legge elettorale pessima, ma forse l’unica possibile da adottare durante il periodo della Transazione(1), gli ha sempre permesso di avere una maggioranza sicura, ed una vittoria nata sempre e comunque per demeriti dell’altro più che per i propri meriti. A tal punto che nelle ultime tornate elettorali non c’era quasi bisogno di fare campagna elettorale, come ad esempio successe 4 anni fa, quando il secondo disastroso governo Zapatero fu costretto a dimettersi in anticipo, lasciando ad un semisconosciuto – almeno al grande pubblico – Rajoy campo aperto per la vittoria, senza letteralmente fare campagna elettorale (in quei mesi avrà forse rilasciato un paio di interviste).
Ma che cosa è successo domenica?
I numeri parlano chiaro.
Il PP ed il PSOE anche risultando in quest’ordine le forze più votate, non hanno raggiunto in nessuna regione ed in nessuna grande città, la maggioranza necessaria per governare. Ed anzi, nelle città chiave, come Madrid e Barcellona, partiti nati come aggregazione di movimenti di cittadini (sotto l’ala protettrice di Podemos), hanno tolto la storica maggioranza rispettivamente al PP (che governava da 25 anni nella capitale spagnola) e a CiU la forza indipendentista catalana di Artur Más che ha pagato lo scotto della corruzione, più che dell’avventura del referendum per l’indipendenza.
E sono stati buttati giù dal trono a Madrid da Carmena, iscritta al partito comunista durante la dittatura franchista ed ex giudice emerito, che negli ultimi anni, lasciata la carriera giuridica, si era dedicata in pieno alla causa dei carcerati, devolvendo tutti le entrate della sua nuova attività per finanziare i loro stipendi. Ed a Barcellona da Colau, attivista in prima linea contro gli sfratti della stessa amministrazione di cui ora potrebbe diventare responsabile.
La corruzione di questi ultimi mesi è stata il motivo principale, unito ai tagli alla spesa pubblica (sanità e scuola su tutti), che hanno portato all’ascesa di consensi di Podemos e di Ciudadanos. Questi due schieramenti politici che si auto-definiscono “nè di destra nè di sinistra” hanno fatto proprio della lotta alla corruzione il loro cavallo di battaglia.
Ed a ragione.
Gli scandali de las tarjetas black(2), dell’ERE in Andalucia (3), della lista parallela dei conti del PP e le tangenti nella regione valenciana, hanno avuto un impatto talmente forte sull’opinione pubblica da far passare in secondo piano le poche cose che di buono a fatto l’attuale governo Rajoy.
Lunedì nelle edicole di tutto il paese I titoli dei quotidiani riportavano a chiare lettere da un lato, quello di destra, la parola “instabilidad”, mentre dall’altro il nuovo verbo della politica spagnola… “pactar…pactar…pactar”.
Però come puoi scendere a patti con chi prima delle elezioni ti ha considerato alla stregua di un delinquente, senza speranza se non quella di semplice ed inutile disturbo per una vittoria certa?
E’ vero che durante la campagna elettorale è ammesso di tutto, ma stavolta i dubbi erano tanti.
Ma in pochi giorni quello che tutti, almeno a sinistra, si aspettavamo accadesse, era che Pedro (Sanchez) alzasse il telefono e chiamasse Pablo (Iglesias).
E così oggi è stato.
La situazione a sinistra pare quindi essersi sbloccata, sia per quel che riguarda le grandi città che per quasi tutte le regioni. Però il patto sarà a metà. Dove il PSOE ha bisogno di Podemos per governare, quest’ultimo appoggerà solo l’investitura del corrisponde leader socialista, ma non entrerà in nessun governo ed in tutti I casi darà il suo appoggio solo ed esclusivamente se si metteranno per iscritto almeno due punti fondamentali del programma di Podemos: “lotta alla corruzione” e “fine dei tagli ai servizi di base”.
Insomma, PSOE e Podemos sono obbligati ad intendersi e capirsi.
Per vari motivi.
Innanzitutto perchè l’obiettivo di mettere in secondo piano il PP è troppo forte per farsi sfuggire quest’occasione e poi perchè a Novembre ci saranno le elezioni generali e visto che mai come in quest’ultimo anno è così fluida l’intenzione di voto degli spagnoli, qualsiasi errore, come potrebbe essere quello di bloccare tutte le amministrazioni locali e regionali – compresa l’Andalucia dove si votò ad inizio d’anno per colpa di una scellerata scelta politica della Díaz, porterebbe a risultati inaspettati anche per chi in questo momento sembra riscuotere il maggiore consenso possibile.
Se da un lato l’accordo è stato raggiunto, dall’altro sembra che siamo ancora in alto mare.
PP e Ciudadanos ancora non si sono nemmeno avvicinati, se non durante la notte elettorale, con dichiarazioni di esponenti del PP, un partito che però in questi giorni si trova nella peggiore crisi politica da 30 anni a questa parte.
Il partito che sembrava essere talmente granitico agli occhi dell’opinione pubblica da riuscire a nascondere tutte le beghe interne (famosa quella tra Aguirre e Gallardon per la candidatura per le elezioni politiche nella quale prevalse poi Rajoy), stavolta, travolto dai pessimi risultati elettorali, deve fare I conti solo con se stesso. E la resa dei conti è talmente inusuale dura, che il povero Rajoy, quello che doveva essere la figura di compresso tra le varie anime di questo partito, non sa più a che santo votarsi.
Un barone del suo stesso partito (Herrera, l’ex governatore di Castilla y León) le ha consigliato “di guardarsi allo specchio la mattina prima di decidere se presentarsi come candidato” alle Politiche di Novembre. Altri, come I governatori/trici di feudi storici come la Comunidad Valenciana, Aragón e Baleares, si sono dimessi il giorno dopo la sconfitta di propria iniziativa proprio mentre il segretario del partito affermava il contrario, ovvero che non era successo nulla perchè il PP era stata la forza più votata. Siamo arrivati al punto che esponenti dell’ex giunta di Castilla y Leon (pare non l’hanno presa bene pare da quelle parti) hanno chiesto la testa del ministro dell’industria che, ha detta loro, è stato l’artefice con le sue politiche energetiche (carbone e petrolio) della debacle nella loro regione ed in quella canaria, dove il PP ha perso il 50% dei consensi (!)
Poi ci sono le mine vaganti, quelle che come XXX impazziti vanno per conto loro senza ascoltare niente e nessuno. Nè in campagna elettorare nè ora, dove sarebbe consigliabile un minimo di prudenza. Il più potente politico che la città e la regione di Madrid abbiano mai conosciuto, la signora Esperanza Aguirre, che in un impeto da “bambina capricciosa” (appellativo attribuitele oggi da Carmena) ha prima chiesto a tutte le forze politiche (PSOE e Ciudadanos) di mettersi d’accordo per evitare la deriva da “soviet supremo” nella capitale, per poi offrire il suo appoggio a Carmena come sindacA se avesse riununciato a tutti I suoi stessi punti del programma per cui I cittadini l’hanno eletta, per poi, quando tutti gli altri partiti le hanno risposto che non ha nessun senso fare patti contro l’evidenza, rivolgersi di nuovo al PSOE offrendole la candidatura del comune…insomma, “Una donna sull’orlo di una crisi di nervi”.
Ciudadanos per ora rimane alla finestra ed il suo appoggio al PSOE o al PP (o anche a Podemos), lo darà solo in caso venga messo nero su bianco il patto anti corruzione e, nel caso del PP, che quest’ultimo schieramento decida I suoi candidati attraverso delle Primarie e non per alzata di mano (cosa che peraltro loro non hanno applicato finora…ma tant’è… il momento è talmente confuso che si può affermare qualsiasi cosa).
In tutto questo, sono spariti due partiti. Izquierda Unida, storico partito di sinistra, esiste ancora con percentuali bassisime solo a livello di comunale, mentre l’UpD di Rosa Diez, un partito che nella precedente tornata elettorale, fu la novità nel panorama politico spagnolo, non è arrivato a superare la soglia del 5% necessario per avere rappresentanza nello scenario amministrativo.
Novembre si avvicina e saranno mesi politici intensi ed appasionanti, dove ogni minimo errore di valutazione potrebbe far spostare percentuali di voti in maniera del tutto imprevedibile e determinante.
Sia chiaro quindi che il famos “tic tac tic tac…” vale anche per chi lo pronunciò qualche mese fa in risposta ad una provocazione del Primo Ministro, di questo paese di forti contrasti, di gente tenace ed ora culla di movimenti politici unici in Europa.
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(1) Transazione, è il momento storico durante il quale si passo dalla dittatura di Franco ad un regime democratico. Inizia storicamente con la morte di Franco 20 novembre del 1975 e termina con le prime libere elezioni democratiche il 15 giugno del 1977
(2) Las tarjetas black (Carte di credito “nere”), rappresentano le retribuzioni che 86 dirigenti di Caja Madrid poi Bankia (entità riscattata dagli aiuti della Comunità Europea) ricettero indipendentemente dalla loro retribuzione. Figurano coinvolti tutti I partiti politici (esclusi Podemos, Ciudadanos e UpD) e le formazioni sindacali. In particolare tra I beneficiari risultano 27 importanti esponenti del PP.
(3) ERE (expediente de regulación de empleo – la nostra Cassa Integrazione), si tratta della gestione irregolare e fraudolenta di casi di prepensionamento, che vedono implicati Chaves (ex presidente della regione Andalucia, roccaforte socialista dal 1980 e Griñan.