Corruzione, Europa e la sinistra Italiana

l'anno scorso
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Di Federico Salvati, PD Berlino e Brandeburgo

Un commento sugli sviluppi del Qatargate resta veramente difficile da declinare.

Ammetto che, essendo la maggior parte dei personaggi coinvolti esponenti della sinistra italiana, la questione mi rammarica due volte: prima come italiano e poi come uomo di sinistra.

Tutto ciò alla luce delle ulteriori vicende che negli ultimi mesi (per non dire anni) hanno offuscato l’immagine del polo progressista in Italia (dal caso Soumahoro a D’Alema che fa il commerciante di armi fino alla famosa “scalata bancaria” di Fassino, i casi non ci mancano). Nel sistema politico le forze democratiche, liberali e progressiste dovrebbero essere motivate dai principi dell’uguaglianza, inclusività e altruismo. L’immagine che si dipinge a Bruxelles è invece quella di esponenti motivati dall’opportunismo e dall’individualismo: principi che a mio parere non dovrebbero appartenere al PD e in generale a tutte le forze che vogliano schierarsi a sinistra.

Più volte si è citata nella cornice del Qatargate la “questione morale” come fattore irrisolto della politica italiana. Io però non credo che la sinistra italiana abbia un problema di “questione morale” in se ma di “questione ideologica”.

Mi spiego. Negli ultimi anni è chiaramente emerso che né destra né sinistra possano vantare un marcato primato per quanto riguarda onestà e corruzione (con dovute misure e distinzioni chiaramente. La vicinanza di elementi, anche altolocati, di Forza Italia ad ambienti e personaggi di stampo mafioso è un fatto difficile da eguagliare, per esempio). Questo è segno che l’ambiente politico in Italia (nel suo complesso) è vulnerabile ad opportunisti e affaristi, i quali sfruttano i partiti più come trampolino di lancio per i propri interessi, piuttosto che come piattaforma di partecipazione. Uno dei fattori che ha agevolato e normalizzato questa tendenza è la profonda deideologizzazione dell’attività pubblica. La mancanza di un posizionamento politico forte fa mancare alle istituzioni di partito una morale interna chiara che può essere utilizzata per giudicare e regolare i comportamenti dei propri esponenti. Una posizione politica chiara significa infatti anche una morale deontologica ben definita.

Certamente questo non è in se una garanzia perfetta di onestà e legalità. Dopotutto i partiti della prima Repubblica avevano un forte carattere ideologico ma risultarono coinvolti ad ogni modo in forti scandali di corruzione. Un profilo politico chiaro, però, crea un sistema di giudizio e introduce un codice di etica, al di fuori del quale non si può legittimante agire nei confronti della “cosa pubblica”. Questo però alla politica italiana oggi manca dal momento che orami si è “ammalata di pragmatismo”.

Un posizionamento disambiguo inoltre aiuta anche a livello elettorale, come ci ha dimostrato la Meloni. In un’era di ambiguità ed eccessivo realismo, prendere posizioni chiare su determinati temi può essere un fattore di successo.

Alle soglie della ricostituzione del Partito Democratico io invito a riflettere sul nostro futuro. Credere nella democrazia e nel progressismo vuol dire credere in dei principi e dei valori che cozzano con l’eccessivo pragmatismo. Al contrario, ritenere che non ci sia differenza sostanziale tra le fazioni politiche e che il dibattito democratico sia semplicemente “il gioco delle parti” ci lascia in una posizione pericolosamente nichilista in cui il vantaggio personale diviene l’unico obiettivo razionale da perseguire.

Credere in qualcosa significa prendere posizione e per le personalità corsare senza bandiera come quelle coinvolte nelle vicende di Bruxelles non ci deve essere posto nella sinistra italiana.

Fonte immagine: [EPA-EFE/JULIEN WARNAND] https://www.euractiv.com/section/justice-home-affairs/news/qatargate-scandal-casts-light-on-untouchable-eu-lawmakers/