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La proposta della CDU per un “nuovo Grundeinkommen”

Di Pierantonio Rumignani, PD Berlino e Brandeburgo

Circa due settimane orsono, dopo una lunga attesa e ripetute promesse di abolizione del Bürgergeld (“Abschaffung”), la direzione della CDU ha finalmente approvato un documento (https://assets.ctfassets.net/nwwnl7ifahow/PBvPDiuBZOaKSvlKSA67h/143b4df38cbce3c66954e98442734d47/Die_Neue_Grundsicherung.pdf) in cui si delinea la proposta del partito in fatto di assistenza a favore di persone senza impiego o percettori di un reddito netto al di sotto della soglia minima, sistema che oggi porta il nome di Bürgergeld. L’ottimista che si attendeva un documento in linea con le promesse fatte avrà provato un forte senso di delusione. La montagna di una CDU al seguito dell’ideologo del momento, Carsten Linnemann, ha partorito un topolino di quattro paginette scarse in cui non si può intravedere altro che l’abbozzo di un piano di forte inasprimento delle regole o poco più, come qui si cercherà di mostrare. Con riferimento alla massima programmatica di Schröder “richiedere e sostenere” (“fordern und fördern”) si vuole con forza uno spostamento dell’accento sul primo termine ubbidendo al principio secondo il quale solo una dissuasione preventiva e decisa potrebbe aiutare a ridurre drasticamente l’abuso e disabuso del Bürgergeld, fenomeno che viene considerato dalla CDU così rilevante da metterlo in cima a tutti i problemi e le priorità. Una posizione che molti esperti della materia hanno contestato non solo perché avversa agli interessi chi ha urgentemente bisogno del sostegno della comunità ma anche perché palesemente poco rispettosa dei fatti.

Il documento della CDU si compone di un elenco di dieci punti (più un undicesimo, che non tocco, a favore di una riorganizzazione della legislazione sociale) che cerco di riassumere qui di seguito dividendoli in tre segmenti principali: i principi seguiti, le richieste generiche, per lo più già oggetto di misure da parte del governo, e le richieste specifiche che sono le più problematiche.

Il primo luogo la CDU chiede al primo punto dei dieci il ritorno, in un modo che si pretende innovativo, all’uso del termine Grundsicherung (sicurezza di base) già in uso per Hartz IV al fine di sottolineare la convinzione che tale strumento di sostegno debba essere indirizzato alle sole persone che ne hanno effettivamente bisogno (”La Grundsicherung non è a disposizione di tutti ma solo di coloro che non possono far fronte alle esigenze della vita prestando il proprio lavoro o attingendo al proprio patrimonio”). Falsamente si sostiene nel documento che il Bürgergeld sia una variante di reddito universale incondizionato (“bedingungloses Grundeinkommen”) poiché ad esso attingerebbero anche persone che non dovrebbero avere il diritto.

Sebbene tale accusa non sia sostenuta dai fatti e perciò poco meritoria di risposta, sarebbe errato , dopo una breve alzata di spalle, vedere nella modifica della terminologia solo l’espressione di un’esigenza puramente nominalistica e dettata dal tentativo di drammatizzare artificiosamente il tema a proprio favore contro il governo – un atteggiamento studiato e voluto che l’Unione mette in mostra ogni giorno di più da quando la sua conduzione è nelle mani di Friedrich Merz, politico che vive delle distinzioni e delle divisioni.

Principi (punto 1 – mia numerazione sulla base dell’ordine di presentazione nel documento della CDU)

Alla base delle considerazioni della CDU sta il principio secondo il quale non saremmo di fronte a un “diritto” spettante ad ogni cittadino, ovvero Bürger, che versi in una determinata situazione di ristrettezza economica ma di una elargizione unilaterale dello stato a favore di un gruppo di persone che si ritrova in uno stato di bisogno cronico e quindi fondamentalmente non migliorabile. Chi è in grado di lavorare e ha probabilmente già percepito per un periodo sufficientemente lungo il sussidio di disoccupazione dovrebbe avere l’obbligo del reimpiego entro un periodo da stabilire che Linnemann si immagina di sei mesi. In una intervista al Deutschlandfunk, del 05.12.2023 il politico rivendica il diritto a „discutere dell’obbligo delle persone che sono in grado di lavorare di accettare un lavoro dopo un certo periodo di tempo – in Danimarca sono sei mesi. Altrimenti devono accettare un’attività di volontariato o una riduzione del sussidio.” Ci si ritrova di fronte a una visione della realtà dicotomica e dimentica dell’esistenza di situazioni intermedie e soggette a cambiamento attraverso un’azione di sostegno da parte dello stato: di qua i “veri” bisognosi cui si paga la “neue Grundsicherung”, di là chi è in grado di lavorare e deve trovare impiego secondo tempistiche di fantasia.

A poco vale osservare che ogni Bürgergeld deve tenere conto di fenomeni come la disoccupazione detta involontaria, ovvero quella di coloro che sono disposti ad accettare un lavoro alle condizioni prevalenti sul mercato senza che questo sia disponibile o che sono nella condizione di potere trovare una nuova collocazione solo dopo un più o meno lungo processo di riqualifica. È importante ricordare qui che tra le importanti novità introdotte dal Bürgergeld figura la priorità del prosieguo del percorso di riqualifica rispetto alle occasioni di impiego che nel mondo di Hartz IV significavano, anche se occasionale, la sua interruzione.

Malgrado il titolo del punto 3 (vedi oltre) possiamo dire che per la CDU invece il tema della riqualifica trova, anche a costo di evidenti contraddizioni nella pratica, un posto modesto all’interno di una Grundsicherung per il motivo cui accenno sopra: essa deve andare solo ai veramente bisognosi.

Non solo. Inutilmente si cerca tra i numerosi interventi degli esponenti dell’Unione un accenno al fatto che in realtà la legislazione attuale, contrariamente a quello che sembra voler far credere con il proprio silenzio in merito, stabilisce obblighi per il disoccupato riguardo alle offerte di lavoro che riceve, ovvero quando queste sono “ragionevoli” (“zumutbar”). In termini monetari il minimo della retribuzione è posto al 70% sulla base del Tarifvertrag o della remunerazione prevalente a livello locale. In termini non monetari ragionevoli sono “di regola tutte le attività la cui esecuzione è possibile per l’avente diritto al sussidio (del Bürgergeld, ndr) e che non collidono con disposizioni di legge.” (fonte: BMAS, https://www.bmas.de/DE/Arbeit/Grundsicherung-Buergergeld/Buergergeld/Fragen-und-Antworten-zum-Buergergeld/fragen-und-antworten-zum-buergergeld-art.html).

Il sospetto di insincerità da parte dell’Unione, che vuole vendersi come innovatrice nel richiedere un obbligo dell’accettazione di un lavoro, si avvicina pericolosamente alla certezza quando si legge nel sito dello stesso Ministero: “Se il lavoro proposto è ragionevole e il Jobcenter ne richiede l’accettazione l’offerta deve di regola essere accettata. Chi beneficia di sostegni da parte dello Stato, ovvero da parte dei contribuenti, deve rispondere a sua volta attivandosi e collaborando nello sforzo indirizzato al ristabilimento più rapido possibile del suo equilibrio economico.” L’obbligo esiste in realtà già dall’introduzione di Hartz IV contrariamente all’impressione che può nascere dalle affermazioni della CDU. Il problema si riduce quindi, come accennato sopra, al modo in cui tale obbligo viene realizzato. La CDU mette l’accento sull’uso educatore della coercizione – non per niente la quarta richiesta nella proposta della CDU si intitola “Sanzioni come strumento dell’accettazione”. Di più su questo punto più oltre.

Richieste generiche (punti 3, 4, 5, 9,10)

Tre delle quattro richieste generiche (3, 4, 9) riguardano la necessità di un’intensificazione dell’azione di collocamento da parte dei Jobcenter, una migliore digitalizzazione e automazione dei servizi e un’azione più forte contro l’abuso dei servizi sociali. Le richieste così espresse senza dettaglio qualificante non richiedono commenti se non quello che una volta di più, come in occasione del recente documento dei dodici punti sulla politica economica, la CDU evita prudentemente di addentrarsi sugli aspetti finanziari e non spiega quale fabbisogno si attenda e da dove vadano prese le risorse.

La richiesta 5 riguarda esclusivamente gli immigranti e propone una migliore integrazione grazie a un loro impiego sul lavoro prima ancora che abbiano raggiunto gli standard di padronanza della lingua tedesca attualmente richiesti. Si tratta di una proposta che il governo ha già presente e che è stata oggetto lo scorso novembre di misure specifiche mirate in particolare ad anticipare i tempi dei permessi di lavoro entro i sei mesi dall’arrivo sul suolo tedesco. Anche qui la mancanza nel documento della CDU di dettaglio nonché di riferimento all’azione del governo, anche solo per critica e  contrapposizione, fa specie.

La richiesta 10 sollecita una “modernizzazione (sic!) del meccanismo di adeguamento” degli importi dei sussidi. Mancando ogni riferimento all’indirizzo da prendere nella modifica del meccanismo vi è ben poco da dire se non attirare l’attenzione sul riconoscimento nel documento dell’esigenza che l’adeguamento rimanga su base annuale e che esso non debba riflettere l’inflazione solo a posteriori. Tale aspetto aveva condotto due anni fa a una modifica delle formule matematiche col fine di riflettere più velocemente gli aumenti di prezzo conducendo in una situazione eccezionale come quella del 2023 a un risultato indesiderato che verrà tuttavia corretto sulla base del meccanismo stesso l’anno che viene.

Richieste specifiche (punti 2, 6, 7, 8)

  • “Migliori incentivi al lavoro”
    Il documento propone una riduzione delle detrazioni compensatorie dal sussidio nel caso di lavori anche occasionali. Una discussione è in corso in merito e la proposta non è assolutamente un’esclusiva della CDU.  Sorprendentemente questa non appare prestare qui attenzione al fatto che un trattamento più favorevole dei redditi aggiuntivi comporterebbe una riduzione della differenza del ricavo netto tra i beneficiari del Bürgergeld e i lavoratori che si ritrovano nelle fasce basse di reddito – uno dei cavalli di battaglia dei conservatori usato da questi per lamentare l’eccessiva generosità del Bürgergeld.
  • “Sanzioni come incentivo al lavoro”
    In questo punto si sostiene l’ardua tesi, variamente commentata in tutti i giornali, secondo la quale sia legittimo negare il sussidio a chi rifiuta ripetutamente le offerte di lavoro (cosiddetti “Totalverweigerer”) poiché tale comportamento implicherebbe nei fatti l’assenza dello stato di bisogno (“Bedürftigtigkeit”). A parte l’inopportunità di una regola così draconiana che apre il discorso sul trattamento di chi non sia in grado per mancanza di istruzione o più semplicemente di voglia, di prestarsi alla fatica del lavoro (che si fa? lo si affama?), molti hanno fatto osservare che la Corte Costituzionale tedesca ha posto con sentenza del 05.11.2019 chiari limiti ai provvedimenti sanzionatori in considerazione del principio della proporzionalità. Tali limiti non consentono, tra l’altro, una riduzione, anche in caso di ripetuta infrazione, maggiore del 30% delle somme percepite come reddito nell’anno. A questo proposito è importante sottolineare il richiamo della Corte nel preambolo della sentenza al fatto che “Il diritto a una vita dignitosa non va perso anche nel caso di un comportamento non considerato dignitoso.”
    Da notare che anche qui mancano nel documento della CDU riferimenti alle recenti decisioni del governo in merito a inasprimenti delle regole. Ci si deve infine chiedere dove rimanga il senso pratico nelle proposte della CDU dato che solo meno di 14.000 percettori del Bürgergeld su oltre 5 milioni di aventi diritto hanno ricevuto sanzioni nel 2023. Sensibili riduzioni di costi per lo stato non sono assolutamente da attendere da queste misure quando le infrazioni hanno poco peso.
  •  “Gli appuntamenti vanno rispettati”
    Si tratta di una misura analoga a quella del punto 6 consistendo nella sospensione del sussidio fino al ristabilimento del contatto interrotto con il beneficiario del Bürgergeld – anch’essa in obbedienza al principio secondo il quale l’interessato dimostra con il suo comportamento di non essere in uno stato di bisogno giustificando così la misura.
  • “Solidarietà solo per coloro, che hanno veramente bisogno di sostegno””
    Nel documento si reclama la reintroduzione del controllo immediato sulle condizioni patrimoniali del richiedente del Bürgergeld oltre a una diminuzione del patrimonio protetto (“Schonvermögen” oggi fissato a 15.000 euro per persona dal secondo anno). Con l’introduzione del Bürgergeld si era provveduto a un rinvio del controllo all’inizio del secondo anno dalla percezione del sussidio – ciò soprattutto in considerazione di ragioni di economicità. Per ragioni analoghe e, in particolare, per la difficile praticabilità ed eccessiva invasività in caso di reintegro entro il primo anno nel mondo del lavoro della persona disoccupata, si è provveduto nel Bürgergeld al rinvio di ogni richiesta di trasloco in abitazioni più piccole.
    Data la ragionevolezza delle modifiche introdotte con il Bürgergeld non si può che essere perplessi per le richieste contenute nel documento della CDU che avrebbero come conseguenza una sensibile diminuzione della sicurezza economica delle persone senza particolari vantaggi finanziari prevedibili per lo Stato.

Termino qui un intervento già fin troppo lungo per essere dedicato a un documento povero nel contenuto e che, contrariamente alle pretese, è volto quasi unicamente, con ben poca inventiva, all’inasprimento di sanzioni. Il suo spirito si trova in evidente contraddizione con quanto proclamato nelle osservazioni iniziali del documento in esame, in particolare con la frase seguente: “ Vogliamo un ritorno a un sistema basato sul “richiedere e sostenere” con il proposito di aiutare la persona nell’apporto del proprio contributo di lavoro alla società, a essere finanziariamente indipendente e a provvedere con le proprie forze al proprio sostentamento.”

PAR – 03.04.2024




La spesa sociale in Germania – dov’è l’esplosione?

Fonte immagine: Image by freepik

Di Pierantonio Rumignani, PD Berlino e Brandeburgo

In considerazione del moltiplicarsi degli interventi da parte di Unione ed FDP con richieste sempre più pressanti di riduzione della spesa sociale in modo da permettere investimenti e aumenti del budget militare urge fare ordine e guardare a dati e fatti. È ovvio che questo dilemma così posto è conseguenza in buona parte dell’applicazione del freno all’indebitamento (Schuldenbremse) che toglie flessibilità alla politica fiscale del governo. Non mi soffermo qui sugli aspetti negativi dello strumento che ieri Angel Uribe di Citadel ha definito “un fiasco” in Market Insight del Financial Times ma mi permetto di attirare l’attenzione su un recente studio di IMK a firma degli economisti Dullien e Ritzler che mostra un confronto tra la spesa sociale in Germania e negli altri paesi occidentali (“Die Mär vom ungebremst wachsenden deutschen Sozialstaat”). In molti giornali tedeschi, tra cui anche il Vorwärts del 20 febbraio scorso, si sono dedicati articoli sul breve lavoro in cui viene documentata la posizione di “metà classifica” della Germania tra i paesi europei a riprova del fatto che non si è assolutamente di fronte a una situazione particolarmente elevata dei costi sociali come viene venduto dai partiti conservatori.
Mancando tuttavia nel lavoro di Dullien e Ritzler un riferimento statistico all’evoluzione nel tempo della spesa sociale tedesca mi sembra importante coprire anche tale punto in modo veloce ma sufficientemente conclusivo in modo da mostrare la sua evoluzione sostanzialmente stabile e ben lontana dall’esplosione che alcuni sorprendentemente vogliono vedere e denunciano.
Il grafico mostra innanzitutto un andamento praticamente costante della spesa sociale del sistema, inclusa quella privata (ad es. per l’assicurazione sanitaria), con un temporaneo e prevedibile aumento del rapporto sul PIL in corrispondenza della pandemia e della forte turbativa sui mercati dell’energia negli anni 2000-2001. La leggera inclinazione verso l’alto è fondamentalmente riconducibile alla spesa pensionistica come mostrato nel successivo grafico 2. La parte della spesa finanziata dallo stato (mediante utilizzo delle entrate tributarie) si comporta in modo ancora più stabile in relazione al PIL ritrovandosi nel 2022 in linea con l’inizio del decennio passato (i dati per il 2033 saranno disponibili a breve).
GRAFICO 1 – fonti: Sozialbudget/BAS, Destatis

GRAFICO 2 – fonti: Sozialbudget/BAS, Destatis

Come è noto è il sistema pensionistico, a parte il sistema sanitario ove si parla di importi molto inferiori, a richiedere in particolare un intervento di riordino da parte dello stato in considerazione di una previsione negativa della sua dinamica. Cercherò di occuparmene in un altro contributo
È interessante dare uno sguardo al bilancio del Bund , ovvero agli aggregati che più immediatamente sono regolabili dal governo e in cui si ritrovano i principali capitoli di spesa oggetto di contesa da parte dell’Unione. Anche qui, nel quadro generale, l’evoluzione della spesa totale del Bund in rapporto al PIL (2011-2023, senza le gestioni straordinarie, ad es. per la spesa militare) evidenzia un ritorno l’anno scorso ai livelli storici conosciuti all’inizio degli anni ‘10 dopo l’impennata 2020-2022 dovuta alle cause già citate.
GRAFICO 3 – fonte: BMF

All’interno della spesa totale dell’amministrazione centrale quella sociale mostra anch’essa un andamento ancor meno problematico malgrado crescenti impegni e problemi, in particolare relativamente ai temi della pensione e della migrazione. È da notare che in rapporto al PIL la curva della spesa sociale si ritrova nel 2023 con il 5,2% al di sotto del livello ben più elevato degli anni 2011-2012. Ciò fa trasparire, con particolare riguardo al periodo della grande coalizione Unione/SPD, una politica restrittiva al fine di limitare la spesa in una rincorsa alla schwarze Null di Schäuble.
GRAFICO 4 – fonte: BMF

Diversamente si presenta la curva della spesa globale dello stato ove confluiscono anche gli impegni straordinari derivanti dai Sondervermögen (gestioni speciali, tra cui quello per le spese militari fino alla concorrenza di € 100 mrd).
GRAFICO 5 – fonte: Destatis

Qui sono i veri problemi cui non si è ancora dato veramente mano e dove una recente sentenza della Corte costituzionale, unitamente all’impasse su una revisione della Schuldenbremse, restringono fortemente la flessibilità della spesa pubblica mentre le necessità si fanno sempre più pressanti come mostra il fileggiamento della competitività del dell’economia tedesca .
È evidente che in un tale contesto i partiti conservatori, rifiutando sia un maggiore indebitamento sia una politica fiscale più aggressiva, non possono che richiedere una riduzione della spesa e in concreto di quella sociale attirando l’attenzione su un suo eccesso peraltro non documentato e non documentabile. Fa specie che il primo attacco sia avvenuto sul terreno del Bürgergeld ove è più facile giocare sui risentimenti di molti cittadini, già attizzati da un’AfD populista e xenofoba, contro terzi ritenuti approfittatori saprofiti. Di fronte alla realtà dei numeri modesti ricavabili da restrizioni sul Bürgergeld l’obiettivo va ora a includere altre posizioni della spesa e in particolare quelle relative al sistema pensionistico – anche se tuttora in modo non riconducile a un piano preciso. La richiesta generale di complementi pensionistici sotto forme a capitalizzazione non possono che portare a un sostanziale aggravio per lo stato (vedi l’infelice esempio del Cile) se non si vuole andare diritto a una riduzione in prospettiva delle pensioni, a parte l’assoggettamento all’obbligo di contribuzione di chi al momento è esente come i dipendenti pubblici. Il progetto della attuale coalizione ne è una dimostrazione, per quanto assai modesta negli importi e assolutamente insufficiente “a fare la differenza”.
È evidente dai grafici di cui sopra che la soluzione va trovata altrove.
Che significa tutto ciò per la sinistra, assodato che la situazione attuale è incompatibile con uno sforzo finanziario della dimensione richiesta dalle pesanti esigenze del momento?
È da notare che il peso dell’imposizione fiscale la Germania offre spazi indubbi di manovra. Contrariamente a quanto ripetuto incessantemente dall’Unione, per quanto prevalentemente con riferimento alle imposte sulle imprese, il sistema tedesco non figura tra quelli più soggetti ad alta tassazione come la seguente tabella tratta dalle statistiche della OECD:

Introiti fiscali: imposte, contributi sociali 2022
Francia 46,1 Grecia 41,0  
Norvegia 44,3 Germania 39,3  
Austria 43,1 Lussemburgo 38,6  
Finlandia 43,0 Paesi Bassi 38,0  
Italia 43,0 Spagna 37,5  
Belgio 42,4 Portogallo 36,4  
Danimarca 41,9 Gran Bretagna 35,3  
Svezia 41,3 Svizzera 27,2  

Ma sarebbe errato risolvere la questione prevalentemente sul piano fiscale mentre il nocciolo del dilemma riguarda lo spazio disponibile per un aumento particolarmente consistente del PIL e come questo possa essere realizzato senza che un eccesso di domanda provochi inflazione e/o non sia ottenibile per una disponibilità insufficiente di fattori di produzione, in particolare di capitale umano allorché il tasso di occupazione si trova a un massimo storico, e senza che la sola via praticabile sia quella di una riduzione del consumo – come sarebbe la conseguenza logica seguendo le prese di posizione dei partiti conservatori.
PAR 14.03.2024