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Parigi – 13 Novembre

Nel talk show di Jauch (domenica 15.11.2015) ci viene presentata una giovane coppia di tedeschi sopravissuta alla strage nella sala del concerto. Alla domanda: Vi siete barricati in questa stanza, ma come sapevate che non c’era più nessuno che voleva o poteva entrare per sfuggire ai massacratori? segue un momento di esitazione e imbarazzo – poi la giovane donna: abbiamo chiuso la porta, qualcuno ha aperto un’ultima volta, abbiamo fatto entrare ancora un paio di persone, infine abbiamo chiuso, ormai dovevamo decidere…

Dopo tre interminabili ore è arrivata la polizia a liberare la trentina di persone barricate in quella stanza. L’episodio è una metafora: l’Europa minacciata, poi realmente attaccata – l’Europa comincia a barricarsi, chiude le porte, dà un’occhiata, si prende dentro qualche profugo ancora e poi chiude definitivamente ogni via d’accesso e si dispone ad aspettare che fuori il mondo si acquieti. Ma quale meravigliosa e ideale polizia verrà a liberarci? Forse il 7° Cavalleggeri come nei film western vecchia maniera? Inutile illudersi che le porte tengano. Paradossalmente è più facile tener fuori i veri terroristi. Invece le masse disperate che fuggono dal terrorismo – ma anche dalla fame e dal sottosviluppo – quelle le nostre porte sprangate non potranno fermarle. La “società aperta” – tanto spesso citata e incensata in questi giorni – non ammette chiusure, non più di tanto.
Che fare?

Confessiamocelo anche noi, noi che abbiamo esultato quando Angela Merkel ha spalancato le porte, e poi l’abbiamo criticata quando ha fatto, parzialmente, marcia indietro, e poi l’abbiamo difesa dai Seehofer e dai De Maizière che tentavano di pugnalarla alle spalle – noi sappiamo che l’Europa non potrà accogliere e sfamare e istruire e assistere tutti i dannati della terra. Ma sappiamo anche che i dannati della terra non si lasceranno fermare dalle nostre buone parole o dai nostri poliziotti armati fino ai denti.

Com’è possibile che il burro europeo costi in Marocco meno del prodotto locale?, si chiedeva un mese fa Heribert Prantl sulla Süddeutsche Zeitung (17.10.2015). Come è possibile predicare il libero mercato e intanto sovvenzionare la nostra agricoltura e distruggere così il mercato dei prodotti locali nel Terzo Mondo? “Fintantoché il burro europeo è più economico del burro locale non potremo meravigliarci per l’esodo dai paesi africani”, conclude lo stesso giornalista.

Com’è possibile vendere armi micidiali all’Arabia Saudita sapendo che gli emiri di quel paese sono gli ispiratori occulti dello Stato Islamico? Forse perché, come ipotizza in un talk show televisivo (16.11.2015) Gesine Schwan (SPD), la violazione dei contratti già firmati ci costerebbe troppo caro? Che prezzo pagheremo quando quelle armi arriveranno all’IS?

Le destre isteriche gridano all’invasione musulmana e all’esportazione del terrorismo, opera dei paesi musulmani. Ma in quei paesi scopriamo – come ci suggerisce il giornalista Georg Mascolo – lo stesso speculare rimprovero: siete voi con i vostri giovani marginalizzati e fanatizzati che esportate il terrorismo! I vari John macellatori, e i francesi e gli inglesi islamisti che vanno a combattere in Siria (dalla sola Europa alcune migliaia) sono in parte un prodotto della precedente immigrazione. Ma talvolta anche figli del nostro sangue… cristiano – ancorché convertiti all’islam fanatico.

I fuggiaschi che abbandonano lo Zaire per cercare asilo in Svizzera – raccontava in un vecchio documentario un assistente sociale – non fanno altro che seguire i soldi di Mobuto. Perché se Mobuto trasferisce nelle banche svizzere i capitali accumulati depredando il suo popolo, a questa gente non resta che seguire lo stesso tragitto e inseguire i soldi, i loro soldi.

Che fare?
Si parla tanto di unità e di solidarietà in questi giorni pensando ai popoli europei, dimenticando che la solidarietà è indivisibile. Certo solidarietà con le vittime di Parigi. E degli scampati alle stragi e ai macelli della Siria e dell’Iraq che ne faremo?
Molti che prima votavano per la Linke – in Sachsen, Thüringen, Brandenburg – hanno votato nelle recenti elezioni regionali un partito nazionalista, razzista e islamofobo come l’AfD. Impossibile? Non sono forse passati in Italia alcuni bastioni che furono del Pci alla Lega? Un partito che ha fatto eleggere in un quartiere di Padova un consigliere comunale capace di scrivere su Facebook, in riferimento al ministro di pelle nera Cecile Kyenge, la seguente frase: “Ma mai nessuno che se la stupri, così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato?” (la Repubblica, 14.6.2013).

Il mondo è complicato. La linea che separa i nostri valori, quei valori ai quali più che mai in questi momenti ci appelliamo, non è la linea di confine fra due religioni diverse, né la linea che separa territorii diversi, l’Occidente e l’Oriente, o etnie diverse o popoli diversi. La barbarie più recente e immane dell’ultimo secolo è nata nel cuore della civiltà europea ottant’anni fa. La storia non si ripete mai, la barbarie si ripresenta spesso. Per quanto tempo ancora l’Europa si cullerà nell’illusione di essere fortezza di civiltà assediata da invasori esterni?

La metafora della stanza barricata a pensarci bene non funziona. O funziona solo a patto di sapere che al di fuori di quella stanza non ci sono solo i nemici, ma infuria una lotta cruenta: i nostri alleati naturali se ancora non sono stati assassinati stanno cercando in ogni modo di difendersi.

La metafora funziona a patto di ricordare che l’incivilità, l’intolleranza e l’odio serpeggiano anche all’interno della fortezza Europa assediata. Vorrei concludere ricordando le parole precise e inesorabili con le quali Gad Lerner anni fa descriveva l’intolleranza tutta nostra – europea – nei confronti di una minoranza di… brutti sporchi e cattivi (tanto per citare un vecchio film di Scola): gli zingari.

Una cosa però dobbiamo dircela chiara, anche se scomoda. Non possiamo più permetterci di considerare i rom e gli abitanti delle bidonvilles come materiale umano di scarto. Cancellarli non si può, a meno di concepirne lo sterminio. Una follia? Niente affatto: è l’unico esito coerente, dilazionato nel tempo, del malumore che cova e dello scricchiolio sinistro del nostro codice morale.
(la Repubblica, 13.8.2007)

Massimo Serenari




Comunicato Circolo PD Berlino e Brandeburgo sulle vicende di Parigi

Quanto è accaduto nei giorni passati a Parigi è stato terribile. Due terroristi hanno fatto irruzione nella sede del giornale satirico parigino Charlie Hebdo uccidendo dodici persone, tra cui molti membri della redazione, poi un terzo terrorista in accordo con i primi due ha ucciso altre persone in un supermercato, significativamente le vittime erano ebrei francesi.

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Il Circolo del PD di Berlino e Brandeburgo esprime la propria solidarietà alle famiglie delle vittime e si unisce alle dichiarazioni di tutti coloro che condannano fermamente quanto accaduto. Fatte le dovute premesse riteniamo però sia fondamentale tenere distinti due livelli: quello del fondamentalismo di matrice islamica, con tutte le azioni di terrorismo e violenza che ne scaturiscono; e l’Islam in quanto religione.

Le vicende di Parigi hanno generato un moto d’indignazione in tutti coloro che si definiscono democratici, pacifici e tolleranti. Le varie manifestazioni organizzate nelle varie città d’Europa, da Londra a Berlino, passando da Parigi, hanno dimostrato che è possibile anche stare uniti, nelle nostre diversità. Un obiettivo che è anche il motto dell’Unione Europea, appunto: uniti nella diversità.

Purtroppo, però, abbiamo anche assistito all’emergere di nuove forze xenofobe e razziste che non hanno aspettato a lungo per poter lucrare su queste vicende con fini meramente propagandistici, in una specie di perversa alleanza nei fatti con i fondamentalisti ai fini di una radicalizzazione della situazione. Ci riferiamo a tutti quegli esponenti politici e movimenti che hanno gridato al pericolo islamico in Europa, ai “milioni di musulmani pronti a sgozzare” e alle richieste sempre più pressanti di annullare Schengen e di “chiudere le frontiere”. Siamo impressionati dalla violenza verbale scaturita a danno non dei colpevoli in quanto tali, cioè assassini, a prescindere dall’origine etnica e il credo religioso, ma verso tutti i musulmani d’Europa.

Le comunità musulmane si sono dissociate apertamente. Perfino guide spirituali di Paesi non proprio democratici come l’Iran, o al centro di una guerra civile tra musulmani come la Siria, si sono dissociate citando i versi del Corano stesso in cui si può leggere: “chi uccide un uomo, uccide l’umanità”.

Centinaia di moschee sono state attaccate da gruppi di xenofobi in Europa e manifestazioni di odio razziale sono state organizzate in Francia, Italia e Germania. Ecco, come comunità di stranieri che vivono a Berlino sentiamo il dovere di condannare fortemente ogni tentativo di riaffermare la guerra tra “etnie” e “culture”.

La volontà di generalizzare, di additare l’altro e di colpevolizzare chiunque perché appartenente ad un credo o una cultura differente, è già accaduto in tempi non molto lontani causando ferite profonde che tutt’oggi sanguinano. Italia e Germania, tedeschi e italiani, hanno il dovere assoluto di ricordare gli orrori del nazi-fascismo, di riflettere e ammonire che a nessuno di loro viene alla mente di vedere in tali fenomeni storici un’espressione innata e caratteristica della cultura occidentale mentre troppo spesso la stessa persona si lasci attrarre incoerentemente da questa posizione nei confronti del mondo islamico. Insieme, abbiamo il dovere di dire no ad ogni tentativo pretestuoso di usare le orribili vicende di Parigi come giustificazione per limitare le libertà di cittadini e cittadine musulmane che convivono pacificamente nelle nostra società.

Il Circolo PD di Berlino e Brandeburgo auspica che la democrazia e il buon senso vincano sopra ogni forma, lieve o forte, di razzismo. È compito di ciascuno di noi lottare per garantire che le nostre leggi, i nostri valori e i nostri principi restino sempre alti, vincano sempre. Non permettiamo che ci siano deroghe a questi valori che ci sono costati milioni di vite umane, speranze e tante sofferenze.

Alla violenza di un gruppo di fanatici assassini, che hanno usato una religione per giustificare la loro follia omicida, noi rispondiamo con le parole esemplari di Jens Stoltenberg, ex premier Norvegese, all’indomani della strage consumata da un fanatico che intendeva “difendere la cristianità” in Europa e per far questo decideva di stroncare la vita di decine di giovani europei e stranieri socialdemocratici uniti nell’ideale di una società multietnica, tollerante e democratica: “Puniremo il colpevole. La sua punizione consisterà in questo, che noi diventeremo ancora più tolleranti, più democratici e più generosi”.